La mossa che ha portato il Credit Agricole ad aumentare la propria partecipazione in Banco Bpm dal 9,9% al 15,1% con l’annessa richiesta alla Bce di potere salire fino al 19,99% rischia di avere un effetto indesiderato per il Ceo della banca, Giuseppe Castagna, e quanti insieme a lui stanno cercando di studiare un piano che impedisca a Unicredit di portare a compimento la sua offerta pubblica di scambio.
Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch
I francesi, chiaramente, stanno aumentando la posta per ottenere quanto più possibile dalla ritirata da Banco Bpm. A oggi, infatti, lo scenario che vede Credit Agricole prendere il controllo di Banco Bpm gode di probabilità molto scarse di successo.
L’arrocco francese però ha avuto finora la conseguenza di agitare i dipendenti di Banco Bpm, molto dei quali sono spaventati dall’eventualità di finire sotto i francesi dopo avere saputo le scelte operate dalla Banque Verte in Credito Valtellinese e nella sua controllata Credito Siciliano, acquistate nel 2021.
Motivo di maggiore tranquillità
Di fatto, spiegano fonti sindacali che chiedono di rimanere anonime, l’arrivo dei francesi è coinciso con una marginalizzazione del personale italiano e con un ridimensionamento delle maestranze italiane.
Chiaramente la paura per le ambizioni francesi non significa automaticamente l’adesione al progetto Unicredit, ma l’italianità della banca guidata dia Andrea Orcel risulta un motivo di maggiore tranquillità.
Castagna corteggia i sindacati
Giuseppe Castagna, in attesa che i consulenti legali disegnino una strategia che consenta alla banca di limitare gli effetti paralizzanti della passivity rule innescati dalla presentazione dell’offerta da parte di Unicredit, continua a giocare la carta sindacale. I dipendenti della banca hanno una quota del 3,5% del capitale e, qualora sposassero la causa di Castagna, potrebbero giocare un ruolo essenziale nel convincere colleghi e clienti dell’opportunità di non aderire alle lusinghe di Unicredit.
Poco prima della fine dell’anno, a suggello della ritrovata pace sindacale, Banco Bpm ha chiuso l’accordo su assunzioni, uscite, premio di produzione, polizze sanitarie e welfare riporta all’unitarietà il tavolo sindacale.
L’accordo è stato firmato dalle 5 sigle sindacali presenti in banca (Fabi, Unisin, Uilca, Fisac e First) e prevede, tra l’altro, 550 nuove assunzioni a fronte di 1100 uscite e un premio fino a 2,100 euro.
Felici anche i soci
L’accordo non rende felici solo i dipendenti, ma anche i soci nella misura in cui consente risparmi nell’ordine dei 50 milioni di euro e di centrare in anticipo alcuni degli obiettivi del piano industriale. Oltre al timore dei francesi, non gioca a favore di Castagna il modo in cui, negli anni, è mutata la geografia politica dei dipendenti.
L’ala dura leghista, che non è stata mai rappresentata da un sindacato proprio, è confluita per la gran parte nella Fabi, il maggior sindacato bancario italiano. L’accelerazione nella chiusura dell’accordo sindacale è stata a lungo caldeggiato da Lando Sileoni che della Fabi è Segretario Generale.
Futuro del Monte dei Paschi di Siena
Una mossa, quella di Castagna, che ha certamente reso ottimi i rapporti con la Fabi e il clima interno alla banca, ma che di certo non assicura che i sindacati saranno dalla parte dello status quo senza se e senza ma.
E’ evidente che uno sposalizio fra Banco Bpm e Unicredit, ottenute tutte le opportune garanzie, non sarebbe una tragedia per la Fabi che, allo stato, sembra molto più concentrata sulla partita relativa al futuro del Monte dei Paschi di Siena.
Nocciolo italiano
Sileoni, prima che Unicredit scompaginasse le carte lanciando la sua offerta sul Banco Bpm, si era detto favorevole alla creazione di un nocciolo duro di soci italiani per la governance futura del Monte. L’idea non è detto che sia destinata a tramontare se Banco Bpm uscirà dalla partita. Orcel ha detto, una volta di più di non essere interessato alla banca toscana.
Ma il nocciolo duro può consolidarsi attorno a Delfin e Francesco Gaetano Caltagirone, entrati recentemente nel capitale del Monte. Dopo la recente uscita dei consiglieri del Mef, Caltagirone ha indicato due consiglieri, il nipote Alessandro Caltagirone ed Elena De Simone.
Possibile ritorno
Caltagirone è stato nel recente passato vicepresidente del Monte, carica che ha abbandonato nel gennaio del 2012. Nella sua prima esperienza senese è stato spesso in contrapposizione con l’ex presidente Giuseppe Massari e con l’ex direttore Generale Antonio Vigni.
Battaglie che furono spesso al valor bianchite e che oggi possono rappresentare una sorta di viatico perfetto a un possibile ritorno da primo azionista privato.