Per la privatizzazione del 26,7% del Monte dei Paschi di Siena, ancora nelle mani dello Stato, si prospetta una gara o, forse meglio, una staffetta fra poteri forti di matrice leghista.

Finora le indiscrezioni, confermate a mezza bocca da alcuni degli interessati, davano Unipol in pole position per acquistare una quota del Monte (Mps) inferiore al 10%, si è parlato di un pacchetto del 9%, finalizzato a stringere un accordo di bancassicurazione, qualora i senesi riuscissero a chiudere l’attuale partnership con Axa.

Il quotidiano la Stampa ha riportato un’indiscrezione secondo cui Enrico Marchi, presidente di Banca Finint starebbe cercando di realizzare una cordata di imprenditori e casse/fondazioni per garantire un nocciolo duro all’interno di Mps che garantisca la stabilità azionaria anche dopo la progressiva uscita dello Stato.

Secondo le indiscrezioni l’operazione avrebbe l’appoggio del Ministero delle Finanze e avrebbe l’obiettivo di raccogliere fra 500 e 750 milioni che basterebbero per acquistare una quota compresa fra il 7,5% e l’11,5% del capitale della banca. La banca veneta ha definito le indiscrezioni circolate sui mercati «ricostruzioni non veritiere o premature». Una posizione di cui si deve prendere atto, ma che suona assai debole.

Asse Giorgetti-Zaia

Facendo una semplice somma si vede come la quota ancora in mano allo stato sia sufficiente a soddisfare entrambi i progetti. E in questo senso si può visualizzare un asse fra due ex delfini del segretario della Lega Matteo Salvini, ovvero il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Entrambi vogliono uscire dal cono d’ombra di Salvini ma entrambi non sono ancora riusciti a smarcarsi.

Giorgetti da tempo lavora per essere l’anima ragionevole della Lega e dialoga con tutti i poteri forti lombardi. La Valtellina, su cui insiste la Popolare di Sondrio controllata al 20% da Unipol, è un suo bacino di voti e questo ha agevolato l’asse con la compagnia assicurativa.

Zaia ha reso interamente pubblico il capitale di Veneto Sviluppo, in modo da creare un organismo di investimento interamente controllato dalla politica (che in Veneto significa controllata dalla Lega) e ha sostenuto politicamente le ambizioni di Marchi nel mondo bancario.

Appetiti bancari

Tra Siena e Conegliano Veneto (sede di Banca Finint) ci sono poco più di 400 chilometri (infestati da autovelox) e una distanza storica abissale. Da una parte la banca più antica d’Italia e dall’altra una realtà nata nel 2014 per raggruppare tutte le società attive nei settori dell'Investment Banking e Asset Management del Gruppo Finint, fondato nel 1980. Tra l’altro la banca è accreditata di robusti appetiti per possibili acquisizioni e pare stia guardando anche all’estero (Svizzera compresa) alla ricerca di opportunità.

Gli analisti di Equita valutano positivamente operazioni di vendita a pacchetti di azioni Mps perché queste limitano l’effetto «overhang» sul titolo. «Le indiscrezioni – scrivono in un report – rimangono da verificare, così come l’effettiva concretezza del progetto».

Eventuale partnership

L’eventuale ingresso in B.Mps attraverso l’acquisto di una quota rilevante darebbe chiaramente supporto alle valutazioni (permettendo di digerire l’«overhang» per la cessione di un’ulteriore quota da parte del Governo), mentre invece rimarrebbero da valutare gli scenari di lungo termine, con l’opzione stand-alone che riteniamo sia quella attualmente più probabile.

Infatti, anche una eventuale partnership con Unipol non prevedrebbe che quest’ultima acquisisca il pieno controllo della banca e riteniamo che per realizzarsi sia necessaria sia la piena uscita dello Stato dal Monte che la fine dell’accordo di bancassurance con Axa.