Patto Mediobanca dice no a offerta Monte dei Paschi

L’assemblea del patto di consultazione di Mediobanca ha bocciato l’offerta Pubblica di Scambio lanciata da Banche Monte dei Paschi di Siena, definendola inadeguata.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

La riunione dei soci storici della merchant bank ha anche allargato l’accordo che è passato dall’11,62% del capitale all’11,87% grazie all’ingresso di due nuovi azionisti. Nello specifico nell’accordo sono entrate Afl srl, controllata da Federico Falck con lo 0,13%, e lo stilista Alberto Aspesi con lo 0,33%. I due ingressi hanno in parte compensato le uscite dei pacchetti in portafoglio al gruppo Gavio, altro storico di Piazzetta Cuccia.

Uno dei soci aderenti al patto, al termine dell’incontro, ha spiegato che «abbiamo preso atto della posizione del Consiglio, ovvero della totale inadeguatezza» dell’offerta lanciata da Mps «e il patto è d’accordo» ritenendo l’offerta, che valorizza l’investment bank 13,3 miliardi ed è esclusivamente carta contro carta, «fortemente distruttiva di valore».

Perplessità in merito ai valori dell’offerta

Un altro membro del patto ha espresso perplessità in merito ai valori dell’offerta. «Lei venderebbe mai qualcosa sottocosto?», si è chiesto retoricamente riferendosi ai prezzi di Borsa dove oggi i rapporti di concambio fra i due titoli esprimano uno scontro di quasi il 15% tra l’offerta e il valore di Borsa di Mediobanca.

Secondo i calcoli effettuati dagli analisti sarebbero necessari oltre 3 miliardi in contanti per riportare a premio l’offerta di Mps per gli azionisti di Mediobanca oltre ai 13,2 miliardi in carta previsti come contropartita e che saranno oggetto, dell’aumento di capitale che l’assemblea del Monte del prossimo 17 aprile sarà chiamata da approvare.

Lo Stato limita il Monte

La presenza dello Stato nel capitale del Monte dei Paschi di Siena, dove il Ministero del Tesoro è ancora azionista con l’11,7%, rende meno agevoli le operazioni di ricapitalizzazione della banca senese a meno che, come appare probabile, lo Stato possa cogliere l’occasione della ricapitalizzazione per una ulteriore diluizione che lo marginalizzerebbe definitivamente.

Va ricordato che tra gli attori dell’offerta due in particolare, Delfin e Francesco Gaetano Caltagirone, sono presenti in entrambe le società.

L’analisi del Comitato

L’operazione ha dovuto superare l’analisi del Comitato per le Operazioni con Parti Correlate di Banca Monte dei Paschi di Siena che ha preso atto del «non coinvolgimento di alcun socio rilevante nella strutturazione dell'operazione che è unicamente frutto della discrezionalità gestionale del management e delle valutazioni del Consiglio di Amministrazione».

Delfin detiene una partecipazione pari al 19,390% del capitale sociale di Mediobanca e una partecipazione pari al 9,780% del capitale di B.Mps. 

Francesco Gaetano Caltagirone detiene una partecipazione complessiva pari al 5,499% del capitale sociale di Mediobanca e una partecipazione complessiva pari al 5,026% del Monte.

Donnet incontra Orcel

Sullo sfondo delle manovre del Monte su Mediobanca, si percepisce la presenza di Unicredit che ha già dichiarato di controllare oltre il 5% di Generali e che, secondo fonti di mercato, a breve potrebbe salire fino al 9,9% della compagnia triestina.

La quota del 13% delle Generali è il gioiello più prezioso detenuto da Mediobanca e ogni offerta sulla merchant bank in realtà punta a quel pacchetto di azioni. Nei giorni scorsi, secondo fonti finanziarie che non hanno trovato conferme ufficiali, Philippe Donnet, Ceo delle Generali con il mandato in scadenza, si sarebbe recato in visita dal Ceo di Unicredit Andrea Orcel.

«Danish Compromise»

Orcel ha finora dichiarato che la quota nel Leone non rappresenta una partecipazione finanziaria né strategica. Tuttavia, appare sempre più evidente che, se la campagna tedesca su Commerzbank non dovesse avere successo, potrebbe decidere di abbandonare le ambizioni su Banco Bpm e virare sulle Generali.

In tal caso, potrebbe anche approfittare del «Danish Compromise», una normativa introdotta da Basilea III che consente alle banche di ridurre l’assorbimento di capitale regolamentare quando acquisiscono partecipazioni in società assicurative.

Al momento, queste sono solo speculazioni, ma la partita del consolidamento bancario italiano è più aperta che mai.