Le due maggiori banche italiane studiano da tempo il dossier della merchant bank. Per entrambe è l’unica preda veramente appetibile sul mercato italiano. Peccato che Alberto Nagel voglia ballare da solo.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

Le banche italiane continuano a correre in Borsa e le valutazioni diventano sempre meno attraenti per chiunque abbia messo in cantiere di dedicarsi allo shopping. Non ci sono saldi, non ci sono asset temporaneamente sottovalutati.

Anche il Monte dei Paschi di Siena, che doveva essere la preda per definizione rischia, usando un vecchio detto popolare romanesco, di fare la «fine della sora Camilla che tutti la vogliono e nessuno la piglia».

Consolidamento bancario non decolla

I due acquirenti più ricchi, Intesa Sanpaolo e Unicredit, non possono (la prima, per limiti Antitrust) e non vogliono (la seconda) farsi prendere per la gola. E il consolidamento bancario non decolla.

Ma questo, evidentemente, non significa che non ci sia nulla di buono da comprare entro i confini patri per entrambe. Il problema è che la preda ideale è la stessa per tutte e due, si chiama Mediobanca e non ha alcuna voglia, né lei né molti dei suoi soci, di convogliare a nozze con nessuno dei due contendenti.

Da un punto di vista della forza relativa, quella dettata dalla capitalizzazione di Borsa, non c’è partita. Mediobanca non arriva a 12 miliardi di euro, mentre Unicredit è a un passo dai 60 e Intesa Sanpaolo oscilla da settimane a cavallo dei 65 miliardi di euro.

Stallo messicano

Volendo usare una categoria tipica dei film d’azione, Unicredit e Intesa sono in una sorta di stallo messicano. Entrambe conoscono le ambizioni dell’altra ed entrambe sanno che il primo a muoversi molto probabilmente sarà il vincitore. Entrambe sono nelle condizioni di lanciare un’offerta senza intaccare minimamente i propri coefficienti patrimoniali grazie alla ricca dotazione di capitale in eccesso.

Non gioca a loro favore

Entrambe sanno che il tempo non gioca a loro favore. Il management e i maggiori azionisti della merchant bank stanno aspettando con ansia che il Governo completi la revisione del Testo Unico della Finanza (TUF) per vedere come saranno cambiate le normative relative al voto societario e se sarà introdotto l’atteso voto multiplo, misura che dovrebbe garantire il rientro di molte società migrate all’estero.

Qualunque sia il contenuto del TUF è abbastanza ovvio che ai potenziali compratori convenga giocare con le regole attuali che sono conosciute perfettamente.

Ambizioni sul Leone

Nel 2017 Carlo Messina, Ceo di Intesa Sanpaolo dovette rinunziare (temporaneamente) alle sue ambizioni sul Leone per una fuga di notizie, Quindi i dossier, se ci sono (e in ambienti bancari assicurano che ci siano) devono essere tenuto segreti fino all’ultimo.

La resistenza sarà comunque strenua. Alberto Nagel non ha alcuna intenzione di cedere facilmente consapevole che la sua società, oltre al 13% di Generali che ha in pancia, vale molto.

Numeri da record

Nagel sa di essere una sorta di panda del sistema bancario. Non ha mai lavorato in nessuna altra realtà che non sia Piazzetta Cuccia. Dopo la laurea alla Bocconi nel 1990, nel 1991 viene assunto da Mediobanca di cui è l’amministratore delegato dal 2008. In oltre sedici anni sotto la sua guida Mediobanca non ha mai chiesto un euro di aumento di capitale ai suoi soci, unica fora le maggiori realtà italiane.

Negli anni è cresciuta in maniera costante cambiando pelle, passando da una vocazione Cib a un core sul wealth management senza traumi. L’ultima trimestrale, liquidata lo scorso marzo e relativa ai nove mesi dell’esercizio 2023-2024 ha evidenziato ricavi superiori a 2,6 miliardi con un utile netto a 946 milioni. Ogni 100 euro incassati, 36 diventano profitti. E il margine operativo vale il 50% dei ricavi.

Aspetta una mossa

Questo al netto del ritorno sul patrimonio tangibile passato dal 4% al 12% e con 4 miliardi tra dividendi e buyback. E con utili pre-tasse saliti in 10 anni del 13% medio annuo contro una media delle banche europee del 7%. E sempre nel periodo 2013-2023 il titolo si è apprezzato del 115% e di oltre il 210% su base total return, dividendi inclusi. Numeri che spiegano l’interesse di Messina e Andrea Orcel. E il mercato si aspetta una mossa.