L’idea di un futuro stand alone per la banca senese sta prendendo piede in alcuni ambienti vicini all’esecutivo. Oggi la banca guidata da Luigi Lovaglio sta iniziando a diventare molto cara.
E se alla fine il Monte dei Paschi di Siena (Mps) rimanesse da solo? L’idea, che fino a dodici mesi fa sarebbe sembrata semplicemente una sciocchezza velleitaria, si sta facendo strada fra più di un osservatore del Governo. E con alcune buone ragioni. La prima è squisitamente economica.
I risultati raggiunti nel 2023, con l’inatteso ristornò alla cedola, hanno sostenuto il titolo della banca che, al pari delle altre azioni del comparto, ha a sua volta dato corpo al recente rialzo della Borsa Italiana.
Oggi certamente lo è
Oggi Mps capitalizza oltre 5,1 miliardi di euro. L’azione nelle ultime sedute si è allontanata dal massimo raggiunto nelle ultime settimane a 4,4 euro. Il titolo scambia comunque stabilmente sopra quota 4 euro, più del doppio rispetto al minimo fatto registrare nelle ultime 52 settimane a 1,9 euro per azione.
In una parola la banca sta iniziando ad essere cara e questo è un limite molto forte soprattutto perché possa andare in sposa a una banca italiana. Andrea Orcel non ha fatto mistero che alcuni dei possibili obiettivi di M&A sono troppo cari per potere essere avvicinati. Molto probabilmente all’epoca in cui il Ceo di Unicredit pronunciava questa parola il Monte non era ancora da considerarsi tra gli articoli troppo costosi. Oggi certamente lo è.
Obiettivo del Mef
Il Ministero del Tesoro, ovviamente, non ha alcun interesse a che la banca, ormai risanata, vada a finire nelle mani di un concorrente straniero. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, al contrario di molti governi di centrosinistra del passato, non ha la presunzione di sentirsi banchiere. Ovviamente molti ministri avrebbero piacere di avere una banca molto vicina al loro sentire politico, ma non vogliono, consapevolmente o meno, ripetere gli insuccessi che hanno caratterizzato l’interventismo di passati governi.
il ministro Giancarlo Giorgetti sa che il risanamento del Monte, se giocato bene in sede di campagna elettorale europea, può essere un argomento in grado di mobilitare consensi sulle liste dei partiti oggi al potere.
Ma il dividendo politico quanto maggiore potrebbe essere se il Governo decidesse di creare una banca con un azionariato diffuso, una vera public company non controllata da nessun potentato, politico o economico, ma nelle mani dei soci e quindi del mercato?
C’è tempo
Gli accordi sottoscritti con la Commissione Europea all’epoca del salvataggio del Monte impongono l’uscita dello Stato italiano dal capitale della banca entro la fine dell’anno. Visto il successo dei collocamenti effettuati finora, la vendita del mercato delle azioni non sarà certamente un problema.
E’ evidente che il mercato aspetta un’indicazione strategica da parte del Tesoro. Finora il Monte sembrava lo strumento perfetto per la realizzazione di quel terzo polo bancario che in molti vedono come uno strumento necessario per fare credere il necato italiano del credito facendo superare il duopolio Intesa Sanpaolo/Unicredit.
Molto probabilmente
Ma se il progetto terzo polo passasse ad altre banche, magari Bper o anche Banco Bpm (che continua a pensarsi single), Mps potrebbe essere restituita al mercato da banca libera e indipendente.
E questo, molto probabilmente, sarebbe un epilogo inatteso ma che aumenterebbe lo standing dell’esecutivo Meloni nel panorama della finanza nazionale e internazionale. Un passaggio non da poco per un governo che punta a realizzare 20 miliardi di euro di privatizzazioni da qui al 2026.