Se Mediobanca dovesse essere preda nella prossima ondata del risiko bancario, verrebbe meno più che un’istituzione, verrebbe meno uno dei capisaldi del capitalismo laico italiano.
E’ evidente che Piazzetta Cuccia da tempo non è più il crocevia necessario di ogni partita finanziaria italiana e i tempi in cui Enrico Cuccia coniava il lemma secondo cui le azioni ‘non si contano ma si pesano’ sono finiti da molto come il patto di sindacato che un tempo raccoglieva il meglio del meglio del capitalismo italiano e che ora è diventato un semplice accordo di consultazione che verrà dismesso a breve.
Fatale voltare le spalle a Fiat
L’inizio della fine dell’ultima era di Mediobanca si può individuare in una vicenda grave ma sottovalutata. Mediobanca a cavallo dell’ingresso di Sergio Marchionne in Fiat, nel 2004, quando sembrava che la situazione per il primo gruppo manifatturiero italiano fosse compromessa, cercò di organizzare una cordata alternativa che portasse gli Agnelli fuori dall’auto a favore di altri imprenditori.
A Torino lessero, con ragione, questa mossa come un voltafaccia intollerabile, Per la guida della cordata si fecero i nomi di Roberto Colaninno e Marco Tronchetti Provera.
Gianluigi Gabetti presidente di Ifil, la holding che allora controllava Fiat, sventò il piano imbastendo un’operazione di equity swap che consenti agli Agnelli di rimanere al 30% della società automobilistica e da allora finì il rapporto fra Mediobanca e il Lingotto.
E oggi Alberto Nagel, che nel frattempo ha perso altri compagni di viaggio potenti come Salvatore Ligresti, avrebbe bisogno come l’ossigeno di una sponda solida come John Elkann.
Mediobanca nasce antifascista
In tempi in cui in Italia, a torto o a ragione, si torna a parlare di fascismo va ricordato che Mediobanca è ontologicamente antifascista per volontà del suo fondatore.
Enrico Cuccia decise che l’assemblea della banca si sarebbe tenuta sempre e solo il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma. Durante il ventennio fascista quella data era festa nazionale e Cuccia aveva trovato il modo perché la sua banca non fosse mai chiusa quel giorno.
Da sempre Mediobanca è stata affiancata a suggestioni massoniche. Non è provato che Cuccia fosse massone. Fu certamente Massone Alberto Benedice, fondatore dell’Imi, suocero di Cuccia che sposò sua figlia Nuova Idea Socialista.
Grazie all’intercessione di Benedice Cuccia entrò nella Comit di Raffaele Mattioli. E nella triangolazione fra Mediobanca, Cuccia e Mattioli nasce una una storia che coniuga misticismo e poteri forti che pochi conoscono e che fu confermata da Cesare Geronzi.
Il banchiere romano, cattolico di rito papalino, in un’intervista disse: «Non ho mai partecipato alla messa annuale in memoria di Mattioli che Mediobanca organizza all’Abbazia di Chiaravalle alle porte di Milano».
Mattioli seppellito a Chiaravalle
Mattioli, l’uomo che rese grande la Comit, morì il 17 luglio 1973, a Roma. E la salma, dopo essere stata traslata a Milano, venne sepolta nel cimitero dell’abbazia di Chiaravalle. Mattioli amava molto quel luogo che sostenne con enormi donazioni che contribuirono al parziale ripristino della sua grandezza dopo gli spogli dell’800.
Mattioli, uomo di erudizione superiore alla media, convinse personalmente i monaci ad accettare il suo sepolcro, ovviamente discettando in latino. Non solo. Indicò esattamente il luogo del suo eterno riposo, l’angolo del cimitero che aveva ospitato il corpo di Guglielma la Boema.
Nella tomba di Guglielma
Era stata una delle protagoniste del cristianesimo medievale del XII secolo. Femminista ante litteram, predicava, a quell’epoca: «chi ha detto che Dio è maschio?». Si era stabilita a Milano nel 1271 e vi morì circa dieci anni dopo.
Fu sepolta a Chiaravalle e la sua tomba divenne immediatamente centro di un culto acceso, alimentato dai suoi seguaci, che ritenevano Guglielmina l’incarnazione dello Spirito Santo. L’inquisizione mandò al rogo i seguaci e provvide a profanare e distruggere la tomba di Guglielmina a Chiaravalle condannata a dannazione eterna con tanto di riesumazione e rogo del cadavere.
Statua di Manzù
A guardia della tomba una statua di Giacomo Manzù, ora spostata all’ingresso del cimitero per renderla visibile a tutti. Nei desideri di Mattioli avrebbe dovuto rappresentare una figura virile. Manzù optò per un angelo.