Dopo un iniziale stordimento, il mondo politico e finanziario italiano si è accodato ad Andrea Orcel riconoscendo, con una ampia gamma di sfumature, che l’offerta di Unicredit su Banco Bpm è un’operazione di mercato e che, in quanto tale, dovrà essere decisa dagli attori del mercato.
Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch
Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle infrastrutture nonché maggior beneficiario politico di un terzo polo costruito intorno al Banco Bpm, appare sempre più solo, anche nel Governo di cui fa parte.
Il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti, ex delfino di Salvini, si è cavato d’impaccio dicendo che per l’operazione è possibile l’esercizio del «Golden Power» da parte del Governo italiano. Un’ovvietà che è ben distante dal significare che l’Esecutivo sia orientato a usare quel potere.
Con estrema cautela
Che si tratti di un potere che viene usato con estrema cautela e in casi eccezionali lo dimostrano le statistiche presenti nella Relazione annuale sull’esercizio dei poteri speciali presentata alle Camere dal Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio.
Nel 2023 delle 577 notifiche pervenute i casi di veto e opposizione si sono ridotti alla metà rispetto al 2022, passando da quattro a due su 30 casi in cui il governo ha esercitato i poteri speciali.
Dai membri del Governo uno schiaffo a mano aperta è arrivato dal vicepremier di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha sottolineato che «la politica non deve invischiarsi in queste vicende, l'ho detto anche per Commerzbank», di cui UniCredit è diventato azionista. «Tocca alla Bce e non a me verificare se le regole sono rispettate», ha poi aggiunto.
Meloni silente
Oltre alle parole di Tajani ha fatto molto rumore il silenzio con cui Giorgia Meloni e tutti i rappresentanti di Fratelli d’Italia hanno accolto l’operazione. Un’assenza di commenti che vale molto più di mille parole. Qualche isteria su un possibile rigurgito dirigista è circolata coinvolgendo anche quotidiani blasonati come il «Financial Times» che aveva ipotizzato che il governo starebbe esaminando alcune opzioni per contrastare l'ops di Unicredit su Banco Bpm.
In particolare, si sarebbe trattato di un decreto di emergenza per aggirare la «passivity rule», ovvero la normativa che impone a una società target di astenersi dal compiere atti od operazioni che possano impedire la realizzazione di un'offerta da parte di un acquirente. L’indiscrezione è stata smentita in poche ore dal Ministero delle Finanze che l’ha definita come «totalmente infondata».
Integrazioni successive
L’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit su Banco Bpm ha inevitabilmente innescato i complimenti della concorrenza. L’amministratore delegato Carlo Messina ha benedetto l’operazione ricordando che industrialmente è molto simile a quello «che noi facemmo con Ubi. Quindi, è un'operazione che industrialmente ha un suo significato. Ormai è partito un percorso che porterà a integrazioni successive».
Messina ha poi ricordato che a decretarne il successo o l’insuccesso saranno il mercato e le autorità di vigilanza, non il governo con poteri speciali. «Poi è chiaro che se ci sono temi di sicurezza nazionale interviene il governo. In questa operazione che ci siano elementi di sicurezza nazionale, per le conoscenze che io ho, mi sembra difficile poterlo argomentare».
Castagna si arrocca
Giuseppe Castagna, Ceo del Banco Bpm, a caldo ha giocato la carta occupazionale per sensibilizzare il corpo della banca e portarlo con sé sulle barricate. In una missiva ai dipendenti si è detto Castagna molto preoccupato per le sinergie di costo stimate da Unicredit in 900 milioni nell’ambito dell’ops lanciata sulle azioni di piazza Meda.
Tali sinergie, ha spiegato Castagna, sono pari a oltre un terzo della base costi di Banco Bpm che significherebbero tagli al personale di «oltre sei mila colleghe e colleghi».
Fortemente sindacalizzato
Castagna sa che il personale di Banco Bpm, oltre ad essere fortemente sindacalizzato, è composto da un nutrito pacchetto di lavoratori che sono anche azionisti dell’istituto. In passato questi soci lavoratori sono stati molto importanti nella scelta della banca e Castagna spera che possano cercare di influenzare l’operazione.
Intanto i legali stanno studiando le possibili contromosse, soprattutto per aggirare il «passivity rule». Appare probabile la convocazione di un’assemblea straordinaria per alzare il corrispettivo dell’opa su Anima, ma sembra improbabile che Castagna riesca a uscire dall’assedio.