Le condizioni di salute, di capitalizzazione e forza relativa delle banche del sud Europa per la prima volta sono decisamente migliori delle omologhe europee.
Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch
Le banche italiane hanno imparato molto bene la dura lezione della solidità e della liquidità, una lezione che ha portato alla scomparsa di grandi e piccoli istituti come Banca Carige, Banca Teresa, Banca Etruria, Veneto Banca, Popolare di Vicenza e Popolare di Bari, solo per segnare i nomi più noti. La situazione di privilegio attuale è il merito di comportamenti virtuosi e rafforzamenti di capitale che sono stati effettuati lungo un decennio.
Il percorso effettuato dalle banche italiane è stato certificato dalle parole del Governatore di BankItalia Fabio Panetta che ha sottolineato come «i progressi reddituali e patrimoniali riflettono un percorso pluriennale di recupero di efficienza e di rafforzamento dei bilanci. La solida condizione in cui si trovano oggi gli intermediari rappresenta un punto di forza per l’intera economia italiana», aggiungendo poi che performance positiva sta proseguendo anche nel 2024, con un rendimento capitale sopra il 12%.
Si vis pacem para bellum
Ma siccome la lezione è stata molto severa Panetta si è raccomandato spiegando che «non possiamo farci cogliere impreparati da tensioni che potrebbero emergere in futuro». Ricordando che la vigilanza, ad aprile, ha chiesto agli istituti di costituire una riserva di capitale macroprudenziale entro la metà del 2025 pari all’1% delle esposizioni domestiche.
«L'aumento avrà un impatto trascurabile sull'offerta di prestiti», ha assicurato, e «consentirà di limitare gli effetti negativi di eventi sistemici sfavorevoli: al loro verificarsi la Banca d'Italia potrebbe autorizzare il rilascio della riserva, preservando la capacità delle banche di sostenere l'economia reale».
Ma non troppo
E la forza relativa delle banche italiane sta consentendo loro di continuare a beneficiare del momentum e continuare a mettere a segno trimestrali da record. L’utile aggregato del solo 1° trimestre del 2024 è ammontato a 4,86 miliardi di euro. Questo ha inevitabilmente impattato positivamente anche la capitalizzazioni di Borsa che sono schizzate a livelli impensabili fino a un anno fa. Il movimento delle banche italiane è stato condiviso da quelle spagnole in una sorta di rivincita nei confronti del mondo finanziario franco-tedesco.
Le prime due banche italiane per capitalizzazione sono Intesa Sanpaolo con circa 67 miliardi e Unicredit con oltre 61 miliardi. La distanza da quota 100 miliardi, indicata da Andrea Orcel e Carlo Messina come dimensione cui tendere nel medio termine, è lontana, ma non troppo.
Tedesche prede
La spagnola Bbva, che ha una capitalizzazione appena sotto i 60 miliardi di euro, sta cercando di accorciare le distanze rispetto al Santander, che in borsa vale oltre 78 miliardi, con un‘ostinata Opa su Banco Sabadell, che capitalizza 11 miliardi circa. Intesa non puo’ più crescere in Italia per sopraggiunti limiti Antitrust, Unicredit avrebbe mani libere e potrebbe comprare la terza banca del Paese,Banco Bpm, che in borsa vale appena 10 miliardi. Una scelta che non ha mai convinto al 100% Orcel, anche perché non sarebbe risolutiva.
Se si guarda in Germania ci sia rende conto di come il mondo si sia capovolto. Deutsche Bank vale appena 30,42 miliardi e Commerzbank, più volte associata a Intesa e Unicredit, 18,4 miliardi. Gli istituti germanici sono ormai potenziali prede. Diversa la storia peri campioni del credito francesi.
Troppo grosso
Bnp Paribas forte degli oltre 76 miliardi di valore appare come un boccone troppo grosso per qualunque concorrente europea. Credit Agricole, che si ferma a 46 miliardi potrebbe attrarre in linea di principio le attenzioni di potenziali acquirenti, ma la sua natura cooperativa dissuade anche il corteggiatore più motivato.