Allo studio la creazione di un fondo, sottoscritto dalle maggiori banche italiane, per sostenere le crisi delle piccole prima che possano impattare l’economia reale.
Lo scrittore greco Esopo invitava «a prepararsi oggi ai bisogni di domani». Nel mondo bancario, nonostante l’ubriacatura da utili, cedole e buyback registrato a valere sui bilanci del 2023, i banchieri si stanno preparando a momenti meno floridi, anche sulla scorta della raccomandazione del governatore di Bankitalia Fabio Panetta che, a più riprese, ha esortato gli istituti di credito a prestare attenzione alla liquidità, che deve essere preservata. E i banchieri hanno fatto tesoro certamente della parole del loro regolatore.
Lo schema volontario, secondo quanto si apprende, sta lavorando alla creazione di un fondo con una dotazione indicativa nell’ordine dei 300 milioni di euro da destinare all’intervento nel capitale delle banche minori per prevenire e circoscrivere situazioni di crisi prima che possano andare a intaccare il sistema creditizio.
Lo schema volontario è un’associazione costituita all’interno del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, cui aderiscono le banche consorziate al Fitd, in via volontaria e su base contrattuale. Allo Schema aderiscono 102 banche italiane, ovvero il 78% delle banche consorziate al Fitd, a copertura del 93,4% dei depositi protetti totali. L’attenzione è rivolta alle banche meno significative, tra cui ce ne sono una decina in difficoltà.
Gestione crisi potenziali
Nelle more dell'entrata in vigore della nuova legislazione in materia di crisis management and deposit insurance, l’ente potrebbe configurarsi anche come strumento per la gestione delle crisi potenziali e delle turn-around di banche di dimensioni contenute, allo scopo di intervenire anticipatamente in modo da evitare gli effetti disgregatori di una liquidazione atomistica o ridurre i potenziali costi che il sistema bancario sosterrebbe in caso di attivazione di procedure di risoluzione. Lo schema volontario potrebbe anche configurarsi come strumento di early intervention, attuabile con l'apporto dei necessari mezzi patrimoniali.
In assenza di interventi sulle banche consorziate, il Fondo interbancario di tutela dei depositi ha chiuso il 2023 con un utile di circa 116 milioni di euro e un patrimonio di 4,6 miliardi (pari allo 0,63% del totale dei depositi protetti). Grazie ai contributi delle banche, che dal 2015 hanno versato circa 8 miliardi, la dotazione finanziaria 2 luglio prossimo sarà pari a 5,8 miliardi.
Cinque interventi
Il Fondo dalla sua costituzione, nel 1987, è intervenuto per la soluzione di 16 crisi bancarie con un esborso complessivo di 3,3 miliardi, salvaguardando così 29 miliardi di depositi protetti (fino a 100.000 euro per depositante). Lo schema volontario ha svolto cinque interventi per complessivi 1,3 miliardi di euro, forniti dalle banche aderenti. Nel 2023 la rischiosità delle banche consorziate è migliorata con il valore mediano dell'indice aggregato di rischio che è sceso a 33,6 punti, dai 37 del 2022.