Banca Finint, che ha sede a Conegliano, il cuore del veneto produttivo, si candida ad essere una nuovo polo di potere macro-regionale, con ambizioni che vanno dalla stampa alle infrastrutture.
L’istituto ricalca molte storie di successo della marca trevigiana. La banca ha iniziato ad affermarsi diventando il massimo operatore di back office delle operazioni italiane di cartolarizzazione di crediti in sofferenza. Di fatto ha fondato il suo successo facendo il lavoro che nessuno dei suoi maggiori competitor aveva intenzione di fare.
Sotto la guida del presidente Enrico Marchi e dell’amministratore delegato Fabio Innocenzi (in passato Ceo di Ubs Italia) la banca ha chiuso il 2022 con attivi per 11,5 miliardi e un utile di 1,8 milioni di euro. L’acquisto di Banca Consulia, oggi Finint Private Bank, ha dato alla banca nuovo spunto nel private banking e nella consulenza pura.
Un piede in Generali
Non esiste Mediobanca senza una quota in Generali. E Finint non fa eccezione. La banca controlla l’11,9% di Ferak, veicolo che possiede lo 0.9% del Leone. La società è controllata al 70,3% dalla famiglia Amenduni (acciaierie) e per l’1,4% alla famiglia Scorzè, che controlla l’impero dell’acqua San Benedetto mentre la quota restante è nella disponibilità dei liquidatori di Veneto Banca.
Il presidente Enrico Marchi ha una vecchia passione per le infrastrutture frutto della lunga permanenza in Save, il gruppo aeroportuale che controlla gli scali di Venezia, Brescia, Verona e in Belgio quello di Charleroi e desidera coniugare vecchi e nuovi amori. Banca d’Italia ha dato da poco il via libera a Finint Infrastrutture, la società di gestione del risparmio che mira a raccogliere un miliardo da investire in aeroporti, autostrade, data center, rinnovabili.
Save primo obiettivo
Il primo obiettivo è la stessa Save di cui Marchi è presidente e socio al 12%. A seguire dovrebbe essere la volta della concessione per l’autostrada Brescia-Padova, oggi in capo ad Abertis (gruppo Mundys) ma in scadenza nel 2026, e attività infrastrutturali all’estero.
La storia di Mediobanca insegna che una strategia di potenza in Italia non può fare a meno di robuste partecipazioni nel settore editoriale. E Marchi è a capo di una cordata di imprenditori del Veneto e del Friuli Venezia-Giulia che è vicina a rilevare sei testate locali messe in vendita dal gruppo Gedi.
Tratta acquisto quotidiani
Nel dettaglio il gruppo lo scorso marzo ha intavolato trattativa in esclusiva per l’acquisto delle testate «Il Piccolo», «il Messaggero Veneto», «il Mattino di Padova», «la Tribuna di Treviso», «la Nuova di Venezia e Mestre», «il Corriere delle Alpi» e «Nordest Economia». La trattativa avrebbe dovuto concludersi entro lo scorso mesi di giugno. Sono circolate indiscrezioni su un’offerta di poco inferiore ai 40 milioni di euro.
Nonostante i termini dell’esclusiva siano scaduti voci vicine al dossier sostengono che il successo dell’affare non sia in discussione, nonostante i tentativi di interdizione di Francesco Gaetano Caltagirone, editore, tra l’altro, del Messaggero di Roma e del Gazzettino di Venezia.
Troppo local
Il limite e la grandezza della strategia di Marchi è l’essere focalizzato sul vocalismo. Non per nulla viene soprannominato «il Doge del Nord Est». Ma chi lo circonda e lo consiglia, professione alquanto complessa visto il carattere del manager, sa che Conegliano non fa rima co Milano. Nel destino di Finint c’è inevitabilmente una maggiore presenza a Milano. Ma questo ancora nessuno lo ha detto a Marchi.