Record di stock in cantina a fine luglio ed export verso i Paesi extra-Ue in peggioramento – specie negli Stati Uniti – per le imprese italiane del vino.
Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch
Lo rileva l’Osservatorio del Vino – Vinitaly che ha elaborato i dati di Cantina Italia (Masaf) sulle giacenze e i numeri sulle vendite nei Paesi terzi relative al 1° semestre di quest’anno secondo le ultime rilevazioni delle dogane.
Secondo l’analisi la vendemmia 2023 si apre con una giacenza di vino in cantina pari a 45,5 milioni di ettolitri, l’equivalente di oltre 6 miliardi di bottiglie da 0,75/litri.
Il dato riflette un’eccedenza del 4,5% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno a causa in particolare di un incremento senza precedenti degli stock per i vini di maggior qualità, con le Dop a +9,9% sull’ultima rilevazione pre-vendemmiale del 2022. L’altro indicatore di mercato – aggiunge l’Osservatorio – è anch’esso complicato, con la domanda extra-europea segnalata nel primo semestre in ulteriore contrazione.
Positivo export verso la Russia
Tra i top 10 buyer – che assieme rappresentano circa l’85% del mercato extra comunitario – le esportazioni a volume sono positive solo per la destinazione russa, con cali quantitativi in doppia cifra per Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia, Cina e Corea del Sud.
Complessivamente la riduzione tendenziale nella prima metà dell’anno segna un -9% a volume e un -5% a valore, con gli spumanti giù del 13% e i fermi imbottigliati inchiodati a -5%. Per entrambe le tipologie, il trend a valore indica un gap del 4%, ma mentre per gli sparkling l’aumento del prezzo medio è in linea con il surplus dei costi produttivi (+10%), lo stesso non si può dire per i fermi (+1%).
Congiuntura complessa
Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi «sulla prossima vendemmia – la cui paventata forte contrazione è ancora tutta da verificare – pesa una congiuntura che si sta manifestando in tutta la sua complessità».
«Comprendiamo la volontà da parte delle nostre imprese di mantenere le quote di mercato, ma abbassare i prezzi – come, per esempio, con i rossi sfusi in Germania, che stanno scendendo verso le quotazioni spagnole a circa 50 centesimi/litro – rischia di diventare un pericoloso boomerang una volta fuori dalla crisi di potere di acquisto che coinvolge anche i nostri competitor».
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Per quanto riguarda la Svizzera, la terza destinazione extra Ue più rilevante per le esportazioni di vino italiano, nel periodo gennaio-giugno 2023 in volumi in ettolitri hanno fatto registrare una flessione del 9% rispetto allo stesso periodo del 2022 per un valore complessivo di 204,6 milioni di euro, in calo del 2% rispetto al 1* semestre dello scorso anno, li che significa che il costo medio del vino italiano esportato nella Confederazione è ammontato a 5,98 euro, in aumento dell’8%.
Intensificare ponti commerciali con estero
Per l’ad di Veronafiere, Maurizio Danese, «l’Osservatorio aveva previsto un 2023 difficile, ciò si sta verificando nonostante l’economia globale abbia per ora tenuto lontano buona parte delle nubi recessive. Ciò che può fare Vinitaly è intensificare la costruzione di ponti commerciali con l’estero, in particolare nelle relazioni con i mercati extra-Ue, a partire da quello americano dove saremo partner della Camera di Commercio di Chicago per l’International Wine Expo».
Da settembre a dicembre è in programma una nuova campagna di internazionalizzazione con 25 appuntamenti in 15 Paesi e 4 Continenti. Da una parte per rifinire ulteriormente il perimetro per la prossima edizione della fiera veronese, dall’altra per fare b2b direttamente sulle piazze estere. Il 12 settembre Assoenologi, Ismea e Uiv rilasceranno le proprie previsioni sulla vendemmia.