La continua crescita del costo del denaro sta iniziando ad impattare non solo i consumi privati ma anche la propensione alla spesa delle aziende. E questo allarma il Governo che teme effetti recessivi dalla stretta Bce.

Nel dettaglio prosegue la contrazione del numero di richieste di credito presentate dalle imprese italiane, che nel secondo trimestre 2023 sono diminuite di quasi il 5% sullo stesso periodo dell’anno precedente, portando il dato complessivo del primo semestre al -4,2% rispetto a gennaio/giugno 2022.

La frenata riguarda sia le società di capitali, che hanno fatto registrare nel primo semestre un -3%, sia le imprese individuali, per le quali la flessione è stata del -6,6%, secondo quanto emerge dall’analisi delle istruttorie di finanziamento registrate su Eurisc, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da Crif.

Confermati dati Bankitalia

Questi dati sono una conferma di quelli resi noti da Banca d’Italia e testimoniano come il credit crunch sia in atto sia per le imprese sia per le famiglie. Focalizzandosi sui prestiti alle aziende, dai dati Bankitalia emerge che i prestiti al settore privato sono calati di 12 miliardi di euro, dai 1.713 miliardi di febbraio ai 1.701 miliardi di maggio.

A febbraio, su base annua, si era già registrata una contrazione dello 0,2% salita a -1,8%, sempre su 12 mesi, a maggio. I solo finanziamenti alle aziende sono calati di 7 miliardi in appena tre mesi. La tendenza è dunque a una profonda riduzione della liquidità fornita dalle banche all’economia reale. Con tutte le conseguenze su produzione, investimenti, consumi, crescita economica e occupazione.

Leisure soffre più della media

«Il mercato industriale potrà attingere ai fondi europei per sostenere il tessuto economico locale. Purtroppo, le piccole e medie imprese sono quelle che stanno soffrendo maggiormente la congiuntura economica sfavorevole, con l’aumento dei tassi e la perdita del potere di acquisto», ha spiegato Simone Capecchi, Executive Director di Crif.

Il settore del turismo, ristorazione e tempo libero in senso ampio (leisure) è stato indubbiamente quello più colpito, anche dal punto di vista economico finanziario, dagli effetti avversi della pandemia Covid-19 e conseguenti lockdown. Ciononostante, grazie agli interventi governativi, il tasso di default delle imprese nel settore è stato sui livelli minimi storici per l’intero periodo 2020-2021, con un valore intorno al 2,5%, rispetto a un dato del 5-6% pre-pandemia.

A partire dal 2022 il tasso di default ha fatto segnare un progressivo incremento sino ad attestarsi intorno al 4% a fine 2022, dimostrandosi uno dei settori con un aumento di rischiosità creditizia in più rapida crescita.

Ristorazione rischia di più

La rischiosità dei singoli segmenti che compongono il comparto del leisure è profondamente differente. I servizi di alloggio, sport e intrattenimento, gaming e agenzie viaggi hanno colto in modo importante la ripresa post Covid-19, riuscendo a gestire la volatilità del contesto macroeconomico, mostrando tassi di default in risalita marginale nel 2022.

Viceversa, il segmento dei servizi di ristorazione, il più numeroso in termini di aziende, ha risentito in modo più evidente del contesto macro, mostrando una netta risalita della rischiosità specie negli ultimi trimestri 2022. Se si analizza il trend di domande di default dal periodo pre Covid-19 al I semestre 2023, si nota che dopo il picco del 13,8% del 2020 la richiesta è rientrata sui valori pre pandemia pari al 9,7% nel 1° semestre 2023.

Piccoli più a rischio

Dal punto di vista dimensionale le aziende che maggiormente stanno registrando un aumento di rischiosità sono quelle di dimensioni più piccole (con fatturato entro 2 milioni di euro) anche per effetto della loro minor strutturazione e flessibilità finanziaria.