Fabrizio Palenzona tenta una mediazione nella partita Generali

Lo showdown del 24 aprile prossimo si avvicina e, allo stato, nessuno dei contendenti nella battaglia per le Generali sembra avere preso il sopravvento.

La possibilità che si arrivi a uno scontro all’ultimo voto in sede assembleare si va facendo ogni giorno più concreta ed è una prospettiva che allarma più di un osservatore, sia politico sia finanziario.

Come sempre capita in questi casi i possibili mediatori si palesano rappresentando sulla stampa quali equilibri si potrebbero creare, grazie anche al loro intervento. Dopo una lunga assenza dalla ribalta mediatica, è stato Fabrizio Palenzona ad aprire i giochi, con un’intervista su «Repubblica».

Passo indietro ad Alberto Nagel

Che l’ex presidente della Fondazione Crt fosse all’opera sul dossier Generali finewsticino.ch lo aveva anticipato nell’articolo dello scorso 21 marzo dal titolo «Unicredit Pronta al rilancio su Banco Bpm».

Palenzona, nello specifico, ha chiesto un passo indietro ad Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, ricordando che «quando il grande Vincenzo Maranghi, (delfino di Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca, ndr) anche lui caparbio combattente, vide in pericolo le Generali, decise di farsi da parte a condizione di salvaguardare Generali, che Cuccia considerava l'asset più importante del Paese».

Un grande gesto

Il passo indietro non verrebbe essere compiuto senza condizioni, Al contrario Palenzona suggerisce che «la disponibilita' a un grande gesto di sacrificio personale non solo, caro Alberto, ti farebbe onore, ma ti consentirebbe, come fece Maranghi, di porre la condizione della salvaguardia dell'autonomia e della indipendenza delle Generali».

Il nuovo ordine passerebbe attraverso la cessione da parte di Mediobanca di una parte consistente della quota del 13,1% controllata nelle Generali a un partner industriale che possa aprire immediatamente una nuova fase di stabilizzazione della compagnia e compattare intorno a questo l'azionariato storico.

Finestra di opportunità

E’ chiaro che molti hanno pensato che questo ruolo possa essere ricoperto da Unicredit che ha una partecipazione nelle Generali pari a poi meno del 6% ma che è accreditata di una quota ben più corposa e vicina al 10%. Ma questo identikit in realtà non esclude nemmeno Intesa Sanpaolo il cui amministratore delegato Carlo Messina guarda da sempre con interesse l’assicurazione triestina.

Palenzona, che di Maranghi era amico al punto di esserne stato l’esecutore testamentario, è molto probabilmente uno dei pochissimi in grado di portare un ramoscello di ulivo nel mezzo della contesa. L’uomo da sempre coltiva l’ambizione di terminare la sua carriera finanziaria da presidente del leone, e non ha voluto perdere questa finestra di opportunità, ovviamente.

Freddezza

Negli ambienti vicini ad Alberto Nagel, l’uscita di Palenzona è stata accolta con la giusta non calanche. In Mediobanca sono quasi tutti convinti che ad esito della battaglia per le Generali e di quella per la stessa Mediobanca, su cui Monte dei Pachi di Siena ha lanciato un’offerta pubblica di scambio, lo status quo attuale dovrà necessariamente subire delle variazioni.

I vertici della «merchant bank» sono però convinti che la situazione macroeconomica incerta possa essere un suo insperato alleato. Durante il recente Forum Cedacri, secondo quanto si è appreso, Nagel ha spiegato che con una «probabile» recessione in arrivo le «controindicazioni» già espresse rispetto a una fusione con Mps «siano ancora più evidenti».

«Siamo di fronte a uno scenario macroeconomico completamente diverso» da cui non arriva «nulla di positivo», ha detto che si aspetta una recessione «che può essere anche accompagnata da un ribasso dei tassi».

Controindicazioni ad oggi

«Un'operazione che dovesse vedere Mediobanca mettersi insieme con una banca commerciale» ha poi aggiunto «ha delle evidenti controindicazioni, che noi abbiamo già evidenziato con il giudizio preliminare del Consiglio di Amministrazione sull'operazione in corso. Controindicazioni che oggi, contrariamente a quanto rappresentato di recente, sono ancora più evidenti, perché siamo di fronte a uno scenario macroeconomico completamente diverso, che è incerto ma da cui sicuramente non arriva nulla di positivo».

Una linea di difesa che, se pur ha degli appigli logici, appare assi debole da un punto si vista sostanziale.