Dopo settimane di indiscrezioni più o meno pilotate, Generali e Natixis hanno deciso di rompere gli indugi e hanno annunciato di aver siglato una Dichiarazione di Intenti non vincolante per la creazione di una joint venture tra le rispettive società di gestione patrimoniale, Generali Investments Holding e Natixis Investment Managers.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

L’operazione, una volta finalizzata, creerà il maggior asset manager in Europa per ricavi e uno dei principali operatori a livello mondiale, con 1.900 miliardi di asset in gestione e 4,1 miliardi di euro di ricavi.

La società risultante dall'aggregazione sarebbe controllata in modo condiviso dalle due istituzioni finanziarie – ciascuna con una quota del 50% – e opererebbe sotto una struttura di governance congiunta, secondo equilibrati criteri di rappresentanza e controllo.

Cinque Anni

Inoltre, Generali si impegnerebbe ad allocare 15 miliardi di euro di capitale di avviamento e di accelerazione alle società affiliate parte della piattaforma congiunta nei prossimi cinque anni, migliorando la capacità di sviluppare nuove strategie di investimento e contribuendo all'ulteriore espansione delle competenze e dell'offerta di prodotti.

Il Ceo di Banque Popolare Caisse D’Epargne Natixis, Nicolas Namias, assumerebbe la carica di presidente e il group ceo di Generali, Philippe Donnet, quella di vicepresidente. Woody Bradford, l'attuale Ceo di Generali Investments Holding (Gih), diventerebbe il Ceo della società globale e Philippe Setbon, attuale ad di Natixis Investment Managers (Natixis IM), assumerebbe il ruolo di vice Ceo.

Closing nel 2026

Il closing è previsto entro l'inizio del 2026. Il matrimonio, secondo i contraenti, è destinato a creare valore grazie a sinergie e opportunità di crescita e, sin dal primo anno, contribuirà positivamente agli utili di Bpce ed al risultato netto normalizzato e alla cassa di Generali. A seguito del closing dell'operazione, l'impatto sul Cet 1 ratio di Bpce risulterebbe neutrale e l'impatto sul Solvency II Ratio di Generali sarebbe sostanzialmente neutrale. Gih verrebbe deconsolidata dal perimetro contabile di Generali.

«Questa partnership con Bpce», ha affermato Donnet, Ceo di Generali, «con cui condividiamo una cultura e un approccio operativo analoghi, garantisce le condizioni ideali per un'integrazione agevole e di successo delle nostre attività combinate.»

«La joint venture rappresenta una tappa fondamentale da quando, sette anni fa, abbiamo lanciato il business dell'asset management di Generali e conferma gli importanti risultati raggiunti nel corso degli ultimi cicli strategici», ha aggiunto Donnet.

Collegio Cauto

L’operazione ha destato molti mugugni e solo la scelta di approvare un accordo non vincolante ha evitato che diventassero urla. Il primo invito a non correre è arrivato dal Collegio sindacale della compagnia italiana che ha chiesto al Cda di non accelerare troppo nell’analisi del dossier. Più di un osservatore fa notare che sia perlomeno irrituale che una operazione di questa magnitudo venga approvata da un Cda in scadenza.

Inevitabilmente contrari all’operazione sono i soci privati italiani che rilevano come in realtà le Generali potrebbe trovarsi in una condizione di minoranza nel prossimo futuro. Il 16,75% del capitale di Generali Investments fa capo a Cathay Life, quindi in mani strettamente italiane, benché in trasparenza, vi sarebbe una quota inferiore al 50% della Jv.

La guerra non è ancora iniziata, ma è solo questione di tempo. Una fonte vicina a Francesco Gaetano Caltagirone, che di Generali controlla il 7%, si è limitato a dire, protetto dall’anonimato: «un manager come Carlo Messina mai avrebbe fatto un accorso simile per Eurizon».

Politica fredda

Reazioni assai tiepide, viranti al freddo, da parte del mercato, dove il titolo Generali ha chiuso in frazionale calo la seduta dell’annuncio e della politica. Sia da destra sia da sinistra si sono levati giudizi assai critici sull’opportunità dell’operazione.

Il motivo è assai semplice. I politici non vogliono che i risparmi italiani vengano portati lontani da obiettivi sensibili per il Paese. E soprattutto che la capacità di acquisto di titoli di stato italiani da parte delle Generali possa essere compromessa da veti francesi.