Il «Lucerne Dialogue» della scorsa settimana ha rivelato in modo impressionante perché l'Europa rischia di degenerare in una «trappola per turisti» e perché la Svizzera sta perdendo la sua capacità unica di ottenere consensi.

È proprio vero che l'Europa sta diventando una «trappola per turisti» come ha riportato Dominik Isler la scorsa settimana al «Lucerne Dialogue»? Il CEO della tradizionale conferenza economica, conosciuta per tanto tempo con il nome di «Europa Forum», ha fatto riferimento a un recente articolo di Janan Ganesh.

Questi aveva dichiarato sul «Financial Times» (articolo su paywall) che ci trovavamo ormai in un secolo che l'Europa non avrebbe più plasmato (o contribuito a plasmare). «Il (Vecchio) Continente viene osservato con troppa attenzione dal mondo per poter dire che è irrilevante» conclude Ganesh.

Svolta epocale

In questo senso, il «Lucerne Dialogue» di quest'anno non avrebbe potuto svolgersi in un momento migliore, soprattutto perché il termine «svolta epocale», tanto abusato, sembra ora molto appropriato.

Dalla rielezione di Donald Trump, gran parte degli Stati Uniti è diventata decisamente euforica, mentre l'Europa sta sprofondando nella disillusione e nell'auto-lacerazione, il Medio Oriente sta dando un’entusiastica spinta alla crescita nonostante la disperazione della guerra, e l'emisfero asiatico sta sempre più risolutamente indulgendo nel mantra dell'aumento della prosperità motivato a livello materiale.

«Lucerne Dialogue»: l’Europa, quanto vuole sopportare la Svizzera?

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Il consigliere federale Beat Jans (Foto: zvg)

E in mezzo a tutto questo c'è la Svizzera, divisa, dato che sostenitori e oppositori dell'UE si scontrano di nuovo. Allo stesso tempo, il Consiglio federale si adopera per continuare e sviluppare il dialogo con i Paesi vicini e contemporaneamente presta attenzione alla sensibilità della popolazione in modo che nessuno si senta trascurato. Anche il discorso di apertura del consigliere federale Beat Jans a Lucerna ha testimoniato questo divario.

Il ministro della Giustizia ha detto che il nostro Paese nella politica europea è spesso solo come Kevin di «Mamma, ho perso l’aereo». Sembra che guardiamo, compiacendoci del male altrui, ciò che sta andando storto in Europa mentre viene celebrata la presunta indipendenza. Ma, ha sottolineato, questa visione è fuorviante. La Svizzera è da tempo parte integrante della struttura europea. I negoziati bilaterali con l'UE sono quindi quanto mai inevitabili.

Per il momento non ci sono quasi nuovi approcci

Ma è proprio questo che divide le opinioni, come è risultato evidente alla conferenza già dalla prima sera, quando i due imprenditori Simon Michel e Marco Sieber hanno incrociato le spade. Mentre Michel, in quanto sostenitore degli accordi bilaterali, li ha sottolineato che sono necessari per l'ulteriore crescita della nostra economia, Sieber, membro dell'associazione Bussola Svizzera, critica nei confronti dell'UE, ha messo in guardia contro la perdita di indipendenza e la burocrazia di Bruxelles.

La discussione si è focalizzata molto sugli argomenti ben noti e quindi non ha fornito soluzioni che potessero essere costruttive. Ma anche la visione dall’esterno della Svizzera, presentata da Jamil Anderlini, caporedattore del settimanale «Politico Europe», non ha fornito quasi nuovi approcci, perché ha considerato (troppo) poco le peculiarità della Svizzera, rimanendo più sul generale.

Punto culminante già al mattino presto

Un problema che la Svizzera – e anche l'Europa – sta affrontando è la sua costante fissazione nei confronti degli Stati Uniti, indipendentemente dal loro governo. Questo è stato messo in evidenza anche nel discorso di Kevin Roberts, ex CEO di varie società di beni di consumo e pubblicità, che nella sua conferenza durante la seconda giornata ha messo in discussione molte presunte saggezze del mondo del management, adottando però alla fine solo i discorsi di Trump, da cui Roberts ha poi dedotto che MAGA (Make America Great Again) dovrebbe essere trasformato in MEGA (Make Europe Great Again).

Invece, Arancha González Laya ha indicato dove potrebbe e piuttosto dovrebbe andare il cammino, fornendo forse il miglior intervento alla mattina presto nella seconda giornata dell’evento di Lucerna. Nel suo avvincente discorso, l’ex ministra degli Esteri spagnola ha chiesto di cogliere l'attuale instabilità globale come un'opportunità per iniziare nuove relazioni.

Perché «non c'è alcuna de-globalizzazione in atto ora» ha sottolineato con decisione l'economista. Pur ammettendo i cambiamenti nella «geografia del commercio», ha sottolineato, sulla base degli ultimi dati, che il commercio mondiale non è diminuito.

La forza europea

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Arancha González Laya, economista (foto: finews.ch)

In questo contesto, ha esortato l'Europa, compresa la Svizzera, a concentrarsi maggiormente su una maggiore indipendenza nella competizione sistemica tra Stati Uniti e Cina, a prendere in mano la sicurezza, inoltre a promuovere e ampliare l'espansione economica con regioni e istituzioni, in particolare in Asia e America Latina. Solo così il «Vecchio Continente» potrà resistere alla pressione delle superpotenze e non lasciarsi disgregare.

«La nostra forza europea è di restare uniti» ha detto González, mettendo in guardia contro la distinzione tra amici e nemici nel commercio internazionale. «Non è questo il commercio internazionale. Si basa su una logica economica» ha detto la docente che ora lavora a Parigi. Solo partendo da una posizione di forza indipendente e dall’indipendenza stessa, l'Europa può trarre vantaggio dai cambiamenti geopolitici.

Elogio ai piccoli stati

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R. James Breiding, autore (foto: Lucerne Dialogue)

Gli auspici di González permettono di fare facilmente un’inversione di marca, considerato che un’Europa forte, sicura di sé e indipendente sarebbe anche più attraente per la Svizzera, portando le discussioni e i negoziati bilaterali ad essere condotti in circostanze diverse. Con queste premesse, è piaciuta anche la presentazione di R. James Breiding, ex banchiere che ora è imprenditore e autore. Ha scritto tra le altre cose anche il libro «Too Small to Fail: Why Some Small Nations Outperform Ones Large».

Nel suo discorso ha affrontato i punti di forza dei piccoli Stati, unendo la questione relativa al loro apporto sostenibile che essi potrebbero dare per contribuire a plasmare la geopolitica. Breiding ha sottolineato l'affidabilità di molti governi dei piccoli Stati come la Danimarca, il Liechtenstein, la Svizzera o Singapore – con la loro politica dei «buoni uffici», non da ultimo sullo sfondo di funzionari pubblici con una buona formazione.

Singapore come primo esempio

Un esempio lampante in questo contesto è la città-stato del sud-est asiatico di Singapore, che è riuscita a realizzare una situazione di equilibrio tra Stati Uniti e Cina sin dalla sua fondazione nel 1965, dimostrando un'indipendenza che ancora oggi non ha eguali. Non da ultimo grazie a funzionari pubblici molto ben pagati, cosa che ancora oggi contribuisce ad evitare la corruzione.

Inoltre, non è senza una certa ironia che il fondatore dello Stato di Singapore, Lee Kuan Yew, avesse un’eccellente opinione della Svizzera e si orientasse ad essa sotto molti aspetti. «La Svizzera è la nazione meglio governata al mondo» ha dichiarato in un'intervista alla «Neue Zürcher Zeitung» nel 2007. In questo contesto, ne ha sottolineato la stabilità politica, l'efficienza del sistema di governo e il successo economico come modelli che ha preso da esempio per Singapore.

Fine del multilateralismo

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Marcel Stalder, presidente di «Lucerne Dialogue» (Foto: zvg)

Sono tutti valori che valgono ancora oggi per la Svizzera. Ciononostante, il nostro Paese sta attraversando attualmente un momento difficile in Europa. Marcel Stalder, presidente di «Lucerne Dialogue» ne dà una spiegazione in questa dichiarazione: «Dobbiamo essere consapevoli che abbiamo raggiunto la fine del multilateralismo geopolitico. Abbiamo a che fare con un mondo bipolare in cui Cina e Stati Uniti formano i due poli. E la domanda è: dove si posiziona l'Europa in futuro?»

Questa considerazione rivela anche il fatto che un'Europa rinnovata sarebbe molto più attraente per la Svizzera. Per Stalder, questa è la condizione: «È molto importante che l'Europa si concentri non solo sulla regolamentazione economica, ma anche sull'innovazione. Non possiamo lasciare che siano gli americani a guidare l'innovazione mentre noi cerchiamo invece di regolare tutto. Dobbiamo allontanarci molto rapidamente da tutto questo».