Le prossime elezioni federali tedesche sono in programma fra meno di un anno, il 28 settembre del 2025, e l’attuale cancelliere tedesco Olaf Scholz, dei Socialdemocratici, ha annunciato che si candiderà di nuovo come cancelliere.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

Le elezioni europee dello scorso mese di giugno hanno mostrato che il governo ha il consenso di meno di un terzo della popolazione, facendo di Olaf Scholz uno dei cancellieri più impopolari di sempre. E anche nella prossima tornata elettorale il nemico da battere sarà il partito di estrema destra AfD.

A un primo colpo d’occhio questo scenario potrebbe apparire assai negativo per le ambizioni di Unicredit nei confronti di Commerzbank, soprattutto se si pensa alle dichiarazioni rilasciate a caldo dal Cancelliere che ha definito l’iniziativa italiana «un attacco ostile».

Appetiti di Unicredit

Sin da subito si era capito che la durezza delle parole era «un parlare a suocera perché nuora intenda», in buona sostanza i destinatari del messaggio erano gli elettori che non gradiscono la vendita di campioni nazionali all’estero ancora indecisi, una chiara mossa anti AfD.

Tanto che poi è emerso che il governo di Berlino aveva avuto contatti nei mesi passati con Unicredit sul tema Commerzbank. Quindi Scholz sapeva degli appetiti di Unicredit. E non poteva essere diversamente.

Esperienza Europartners

I critici continuano a non mancare, ma le frecce al loro arco appaiono sempre più spuntate. Non potendo descrivere l’acquisizione di Hvb da parte di Unicredit come un insuccesso, sotto nessun punto di vista, alcuni osservatori più ferrati in storia bancaria sono andati a riprendere episodi che appartengono al trapassato remoto delle due banche.

Nello specifico la presunta incompatibilità fra i due mondi sarebbe dimostrata dalla fine del progetto «Europartners», un accordo di cooperazione stipulato negli anni 70 fra Commerzbank, Crédit Lyonnais, Banco Hispano-Americano e Banco di Roma, una delle banche che diede vita a Capitalia che a sua volta dal 2007 è stata incorporata nel gruppo Unicredit.

Lavoro della diplomazia

La banca guidata da Andrea Orcel ora si trova in una posizione di attesa vigile. La risposta della Bce alla sua richiesta di potere salire fino al 29,9% in Commerzbank è attesa per il prossimo mese di gennaio. La possibilità che possa essere negativa è considerata come niente più che un’ipotesi di scuola.

Ma il lavoro della diplomazia non aspetta certamente la risposta Bce. I contatti per tranquillizzare il Governo sono iniziati da tempo e, se avranno successo, potrebbero portare l’Esecutivo fra i fan dell’operazione, ammesso che riescano a fare credere di averla indirizzata quanto più possibile.

Approccio morbido

Per tranquillizzare quanto più possibile i propri interlocutori teutonici, gli sherpa italiani stanno rappresentando il deal con i toni più morbidi possibili.

Delle aperture significative sono state fatte sulla possibile conservazione e del logo di Commerzbank nella rete tedesca di filiali bancarie.

La recente gestione degli esuberi con uno schema completamente condiviso con i sindacati e la possibile riproposizione anche in terra tedesca sta tranquillizzando quanti temevano che in costi di un’operazione di integrazione potessero essere scaricati integralmente sulla preda.

Ultime resistenze

Ma l’arma finale, quella con cui gli uomini di Orcel contano di potere abbattere le ultime resistenze all’unione delle due realtà, è la riproposizione del modello federale nell’erogazione dei crediti che ha decretato il successo dell’operazione Hvb.

Come accaduto in Germania ed Austria con Hypovereinsbank, il modello prevede che i crediti erogati localmente siano approvati da strutture locali.

L’ok della Bce

L’accelerante delle trattative sarà l’ok della Bce. Una volta ottenuto il via libera del regolatore, secondo più di un osservatore, aumenteranno le spinte, anche interne a Commerzbank, affinché il matrimonio venga celebrato.