Il Governo tedesco non ha reagito bene alla scalata di Unicredit a Commerzbank per una pluralità di motivi.
Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch
Il primo, estremamente pratico, attiene a logiche interne di profilo elettorale. La notizia è arrivata a ridosso della tornata di consultazioni in Brandeburgo.
Se avesse vinto l’estrema destra di Afd quasi certamente sarebbe caduto il governo guidato da Olaf Scholz. Le dichiarazioni protezionistiche del Primo Ministro erano tese a non dare altri voti alla destra, tradizionalmente avversa a conquiste estere di campioni nazionali.
In favore delle fusioni transfrontaliere
Il governo tedesco, inoltre, era stato indispettito dal fatto che l’annuncio dell’avvio della scalata sia coinciso con la presentazione del Rapporto sulla competitività commissionato da Ursula von der Leyen a Mario Draghi, da sempre favorevole alle fusioni transfrontaliere tra istituti europei.
Che l’operazione nasca con una sorta di imprimatur dell’ex numero uno della Bce potesse ha creato qualche bruciore di stomaco nell’esecutivo. Bruciori che devono essere aumentati quando hanno scoperto che Jens Weidmann, storico avversario di Draghi quando era nel board della Bce in qualità di numero uno della Bundesbank, nella sua attuale veste di Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Commerzbank si è detto favorevole all’operazione.
Allianz guarda con interesse
Weidmann non è il solo tifoso che l’operazione ha in Germania. Allianz, socio di lungo termine di Unicredit con una partecipazione che oggi oscilla intorno al 2,9%, è saldamente al fianco del Ceo di Unicredit Andrea Orcel.
La compagnia assicurativa opera in Italia da decenni, dopo aver comprato la Ras, e in Italia ha una grande quota di mercato, che intende incrementare. Giacomo Campora, Ceo della controllata italiana, in un’intervista a commento dei conti del passato esercizio aveva ricordato che la compagnia crede moltissimo nell’Italia dove ha fatto quattro operazioni negli ultimi dieci anni e dove oggi ha una quota di circa il 12% nel mercato Danni.
Italia attrae
L’Italia, se possibile, è diventata ancora più interessante per il mondo assicurativo dopo che l’Esecutivo ha decretato l’obbligo di assicurarsi contro i rischi catastrofali in capo alle aziende, che entrerà in vigore salvo proroghe, dall’inizio del prossimo anno.
Il condizionale è d’obbligo perché molte aziende hanno visto in quest’obbligo una sorta di tassa camuffata, un’imposta sotto mentite spoglie. E il Governo di Giorgia Meloni è molto sensibile a ogni forma di accusa di incremento dell’imposizione fiscale, anche quando, come in questo caso, non ha fondamento.
L’Italia rimane, comunque, un Paese sotto assicurato. Secondo dati recenti in Italia permane un gap di protezione, misurata dalla penetrazione assicurativa, rispetto alla media Ocse pari a 4,6% per i rami vita e 4,9% per quelli danni. Questo gap rappresenta un incentivo interessante per aumentare la presenza in Italia da parte delle compagnie estere.
Fan interessati
In molti notano come l’eventuale integrazione fra Unicredit e Commerzbank sarebbe solo formalmente un’operazione transfrontaliero. Per più di un osservatore si tratterebbe di una fusione domestica, visto che, da poco meno di vent’anni, Unicredit ha al suo interno la tedesca Hvb.
E’ di questa idea anche un banchiere esperto come Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca che recentemente, partecipando a un evento organizzato da «Bloomberg» ha avuto modo di affermare che un'aggregazione tra Unicredit e Commerzbank non sarebbe un'operazione transfrontaliero, ma «una concentrazione domestica», aggiungendo che «ci sono molte sinergie e potrebbero esserci ottime sinergie con Hvb mentre in operazioni transfrontaliero sarebbe molto più difficile».