Considerata la determinazione e le forze finanziarie del Ceo di Unicredit, forse converrebbe che i banchieri di Commerzbank iniziassero a chiedere ai colleghi ex Hvb cosa si provi a essere guidati da un italiano.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

Il management di Commerzbank e il mondo finanziario tedesco, superato lo choc di avere in casa un’azionista, Unicredit, che controlla il 9% (quota che sale al 21% se si tiene conto degli equity swap aperti con Barclays e Bofa) e che ha chiesto alla Bce di potere salire fino al 29,9%, si sono mossi alla ricerca di possibili contromosse.

La più ovvia delle scelte è quella di trovare un «cavaliere bianco» in grado di presentare un’offerta in grado di sconfiggere la scalata di Unicredit.

Il candidato naturale è Deutsche Bank, che già nel 2019 aveva studiato il dossier e che l’anno scorso era stata accreditata di un ritorno di interesse. Secondo il quotidiano italiano «Milano Finanza» (MF), Deutsche Bank avrebbe dato mandato a Morgan Stanley di studiare un possibile intervento nella partita.

Deutsche Bank parte svantaggiata

A una prima analisi Deutsche Bank sembra decisamente svantaggiata. Sotto il profilo della capitalizzazione Commerzbank, che vale 19,7 miliardi di euro sembra un boccone troppo grosso per Deutsche Bank che capitalizza 32,4 miliardi mentre non lo è per Unicredit che vale poco meno di 65,5 miliardi. Se poi si pone attenzione ai dati di bilancio, il paragone diventa ancora più impietoso.

Unicredit continua ad aggiornare, trimestre dopo trimestre, i nuovi massimi assoluti. Deutsche Bank ha chiuso il 2023 in utile ma ha ancora molta strada da fare per arrivare all’eccellenza. Una spia di quanto debba ancora lavorare è data dai costi, ancora decisamente alti.

Lo scorso anno sono stati pari a 21,7 miliardi portando il cost/income al 75%, ben sopra la media europea. Nel 2023, per converso, i costi operativi di Unicredit sono scesi dello 0,8% a 9,47 miliardi per un rapporto cost/income sceso al 39,7%.

Bettina Orlopp punta sul rating

Per prassi e per ruolo, la difesa dell’indipendenza di Commerzbank spetta al suo Ceo Bettina Orlopp. In una recente intervista al quotidiano tedesco «Handelsblatt» ha spiegato che un’unione con Unicredit sarebbe dannosa perché «il nostro rating si deteriorerebbe, probabilmente anche in modo significativo. Perderemmo clienti che hanno determinati requisiti in termini di rating e che fanno affari solo con banche con ottimi rating».

Questo in virtù del rating A assegnato da Standard And Poor’s a Commerzbank, cui fa da contraltare il meno attraente BBB di Unicredit.

Di parere opposto a Orlopp è Moody’s, che recentemente ha confermato il giudizio A2 con outlook positivo di Commerz nei giorni scorsi, spiegando che «sebbene i tempi e le implicazioni di un ulteriore aumento della partecipazione di Unicredit e di una potenziale Opa siano al momento incerti, non prevediamo che questo possa compromettere la solidità finanziaria e il profilo di Commerzbank».

Autogol Dresdner Bank

Un’altra argomentazione, puramente difensiva, avanzata da Orlopp si è rivelata poi un clamoroso autogol. A detta della Ceo, l’unione di due grandi banche è «estremamente difficile», come dimostra l'acquisizione di Dresdner Bank nel 2008 da parte della stessa Commerzbank, caratterizzata da tempi molto lunghi per l’armonizzazione dei sistemi informativi delle due banche.

«Non possiamo permetterci una tale situazione di stallo nel mondo di oggi,» ha spiegato «Se una fusione sembra buona sulla carta, non significa che sarà eseguita bene e che alla fine potrà avere successo e creare valore per i nostri azionisti».

L’integrazione dei sistemi informativi fu uno dei boot del matrimonio fra Unicredit e Hypovereinsbank (Hvb) avvenuto nel 2005. Cinque anni dopo Hvb, membro del Gruppo Unicredit in Germania, annunciava di avere istituito con successo il software del suo core banking adottato lo standard Unicredit.

Non resta che adeguarsi

Sono lontani i tempi in cui «Der Spiegel» si permetteva di mettere in prima pagina a un piatto di spaghetti sormontato da una P38 e con una vetrina crivellata di colpi sullo sfondo. Rimane il fatto che, soprattutto in materia bancaria, i tedeschi sono assai poco contenti di farsi comandare dagli italiani, anche cosmopoliti come Andrea Orcel.

Ma, considerata la determinazione e le forze finanziarie del Ceo di Unicredit, forse converrebbe che i banchieri di Commerzbank iniziassero a chiedere ai colleghi ex Hvb cosa si provi a essere guidati da un italiano.