Gli sconfitti sono i soci che volevano imporre una propria lista di minoranza senza spiegare perché avrebbe dovuto essere votata. Qualche nuvola si addensa però anche sui vincitori.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

I grandi sconfitti dell’assemblea di Mediobanca sono senza dubbio i primi due soci della merchant bank, Delfin, la holding che raccoglie gli eredi del fondatore di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, e il gruppo guidato da Francesco Gaetano Caltagirone. Come accaduto un anno fa con le Generali, forti dei loro pacchetti azionari, hanno cercato di sovvertire gli equilibri, fallendo.

In entrambi i casi il mercato ha ricordato loro, a suon di voti, che non basta essere eccellenti uomini di industria per potere guidare una società finanziaria. Bisogna avere idee. E nessuno, a oggi, sa quali piani i due azionisti vorrebbero per Mediobanca.

Per il bene dell’Italia

Nel corso dell’assise nessun rappresentante dei due azionisti ha ritenuto di dovere prendere la parola. Una scelta probabilmente legata alla consapevolezza di non avere chance di vittoria. Alla riunione ha preso parte l’amministratore delegato di Delfin, Romolo Bardin, che alla fine ha rilasciato dichiarazioni improntate alla diplomazia.

Dopo avere espresso soddisfazione per i voti ottenuti dalla lista ha spiegato che «alla fine, quello che è importante è che le aziende crescano per il bene dell’Italia e che il management faccia un buon lavoro, non tanto le lotte». La sconfitta di Delfin/Caltagirone è una buona notizia anche per la credibilità del sistema finanziario italiano.

Presidente non indipendente

La vittoria del management non è stata priva di nuvole. La più rilevante è rappresentata dalla conferma di Renato Pagliaro alla presidenza. All’inizio del precedente triennio il manager aveva detto ripetutamente che avrebbe lasciato l’incarico alla fine del mandato.

Non lo ha fatto per una pluralità di motivi, ma fondamentalmente perché sarebbe stato molto complesso doverlo sostituire all’interno della battaglia con i due soci. Molto più agevole la conferma in blocco dell’esistente.

Allievo prediletto di Vincenzo Maranghi

Ovviamente nessuno mette in discussione la storia o il curriculum di Pagliaro, allievo prediletto di Vincenzo Maranghi, braccio destro storico del fondatore di Mediobanca Enrico Cuccia. Pagliaro però certamente non è un presidente indipendente.

La scelta di un presidente indipendente è una delle «best practice» più apprezzate nell’ambiente bancario e non è irrilevante che una banca dello standing di Mediobanca non lo abbia.

Rischio Cda litigioso

Al di là delle dichiarazioni di circostanza di vincitori e vinti, le trattative sono state molto aspre e la possibilità che le scorie dei litigi appena conclusi possano essere di impedimento alla fluidità del Cda sono concrete.

Ovviamente i consiglieri eletti da Delfin non hanno alcun potere di bloccare il funzionamento dell’organo consiliare visto che sono due su quindici. Quello che possono fare è alimentare la litigiosità in seno al consiglio e sollevare continue questioni, di governance o anche di merito.

Il rammarico di un’occasione persa

Nessuno pretende che un consiglio funzioni sempre con decisioni all’unanimità ma se i due consiglieri Delfin faranno ostruzionismo questo non gioverà al clima consiliare.

Sullo sfondo rimane inoltre il rammarico di un’occasione persa da parte del management di Mediobanca di superare consuetudini invalse da decenni e mostrarsi più attenti ai soci maggiori che meritano comunque un’attenzione se non diversa, per non ledere la parità fra azionisti, perlomeno particolare.

«Chiuso in una torre»

Le parole pronunciate da Romano Minozzi, proprietario di Iris Ceramica e socio storico di Mediobanca, che aveva definito il management «chiuso in una torre fatta solo di banchieri» magari sono figlie di un malanimo personale, ma hanno comunque fatto scalpore.

E c’è già chi scommette che la mancanza di un nome che sia allo stesso tempo di garanzia si tutte le anime della banca possa essere colmata in un prossimo futuro attraverso la cooptazione e di un esterno.