L’assemblea ha decretato la vittoria della lista presentata dal Cda per il rinnovo del consiglio. Sconfitti i primi due azionisti.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

I numeri non mentono e dicono che in Mediobanca i primi due soci contano meno del management che gestisce la società.

Delfin, la società che racchiude gli eredi di Leonardo Del Vecchio, e il gruppo Caltagirone sono rispettivamente il primo e secondo socio della merchant bank rispettivamente con il 19,74% e con il 9,98% e chiedevano che lo loro lista di consiglieri, composta da cinque nomi, ottenesse più voti di quella presentata dal Cda.

Affluenza record

L’assemblea è stata caratterizzata da un’affluenza record, pari al 76,82% del capitale. Oltre a Delfin e Caltagirone fra i soci con quote superiori al 3% c’erano BlackRock con il 4,15% e Mediolanum col 3,43%. Se i primi due azionisti avessero vinto avrebbero ottenuto 5 delle 15 poltrone del Cda, invece delle due destinate alla lista di minoranza che risulta più votata in assemblea.

Non è andata così. Il 40,4% del capitale ha votato a favore della lista presentata dal management mentre i due soci sono rimasti fermi al 32,06% e la lista presentata da Assogestioni, presentata in rappresentanza degli investitori istituzionali, ha ottenuto il 3,5% dei voti portando a casa un consigliere di amministrazione.

Alberto Nagel, felici che Delfin partecipi

«Siamo ben contenti che Delfin partecipi al nostro cda e dia un contributo. Le voci critiche per noi sono salutari e utili», ha commentato l’ad di Alberto Nagel spiegando che. «I nostri rapporti sono orientati a continuità e costruttività. Complice il fatto che conosciamo Delfin, i rapporti sono facili e immediati e abbiamo sempre promosso l’engagement. In questo ambito abbiamo ricercato sia con Delfin che col dottor Caltagirone una quadra per la composizione del consiglio. Sempre all’interno di un dialogo facile e non complicato».

L’interlocuzione non ha avuto successo per una serie di motivi. Il primo di natura squisitamente tecnica. L’accordo fra il Cda e due azionisti con una partecipazione complessiva superiore alla soglia superata la quale scatta l’obbligo di Opa è molto complesso. Il rischio che potesse venire decretato il concerto e che questo facesse scattare l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica di acquisto su tutto il capitale era molto elevato. A questo si sono aggiunte divergenze sui temi di governance soprattutto tra il consiglio e Delfin.

Società WM a tutto tondo

Nagel nel corso dell’assemblea spiegato che il prossimo futuro di Mediobanca è quello di essere una società di Wealth Management a tutto tondo. Lo scorso mese di aprile, la divisione di private banking dell’istituto di Piazzetta Cuccia ha accolto Luca Sicari, che ricopriva il ruolo di head of Uhnwi market per l’Italia del Credit Suisse, con il suo team composto da Romeo Adinolfi, Ennio Blasetti, Cristiano Castellani, Simone Gervasi e Matteo Steve.

«Molti si chiedono come mai essendo Mediobanca nata per altro – ha spiegato Nagel – oggi siamo anche nel consumer finance. È lo stesso motivo per cui vedete il nome J.P. Morgan, vedete quello di Jamie Dimon, ma poi dietro c’è un gigantesco business di consumer finance. Ossia un business decorrelato dal rischio corporate&investment banking e molto più frazionato».

Pronti a sostenere Generali

In ogni assemblea di Mediobanca Generali è molto più di un convitato di pietra. Piazzetta Cuccia è il primo azionista con circa il 13%.

«Mediobanca ha sempre sostenuto – ha ricordato Nagel – tutti gli aumenti di capitale proposti dalle Generali. Non abbiamo mai detto di no. E ovviamente nella misura in cui la compagnia ci presenterà progetti sostenibili e interessanti dal punto di vista finanziario saremo sempre di supporto, come un azionista istituzionale deve essere».

«Non abbiamo intenzione – ha aggiunto – di vendere Azioni Generali in mancanza di un'alternativa migliore. Potremmo farlo in presenza di necessità di capitale. Se trovassimo un’acquisizione importante potremmo finanziarla con azioni Generali».