Solitamente in Italia la Luna di miele fra un nuovo governo e il Paese dura circa cento giorni.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista ed esperto economico italiano di finewsticino.ch

Le elezioni amministrative in Lombardia e Lazio dimostrano che l’onda lunga del centro destra è tutt’altro che esaurita, ma la vicenda legata al Superbonus edilizio ha generato le prime crepe.

Presto per dire se e quanto si allargheranno, ma è un fatto che si siano create.

il 16 febbraio il Governo abolisce il superbonus.

Il Superbonus era l’agevolazione fiscale contenuta nel cosiddetto decreto Rilancio, varato nel 2020 dal Governo Conte, che consisteva in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1* luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici.

Tra gli interventi agevolati rientravano anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici. La legge di bilancio 2022 aveva prorogato l’agevolazione. Lo scorso 16 febbraio il Governo ha approvato un decreto legge che sospende lo sconto in fattura e la cessione dei crediti d'imposta relativi agli incentivi fiscali sui bonus edilizi.

Una decisione che è stata motivata dal Governo con la necessità di porre fine a una spesa senza controllo costata già 2000 euro a testa a ogni italiano.

Per Confindustria da Governo scelte frettolose

Per Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, il Governo è stato affrettato e ha gettato nel panico imprese e famiglie.

Avrebbe dovuto, invece, convocare le imprese prima di varare il provvedimento per discutere e trovare soluzioni tampone. Il leader degli industriali ha poi ricordato che ad oggi con la misura sono stati «impiegati 120 mld, 6 punti di Pil. Il provvedimento ha alimentato frodi e inefficienza, ma oggi abbiamo il problema di migliaia di cantieri che rischiano di fermarsi».

La capienza fiscale delle banche è al limite

Lando Sileoni, numero uno della Fabi, principale sindacato bancario italiano, ha spiegato che il mondo del credito ha fatto più di quello che poteva.

«La capienza fiscale delle banche – ha detto – per gestire i crediti fiscali del Superbonus è di 81 miliardi di euro e il tetto è stato raggiunto da tempo. Ma i crediti complessivi hanno superato quota 105 miliardi. Il problema, adesso, è individuare soluzioni volte a trovare 24-25 miliardi di liquidità per evitare il fallimento di 25.000 imprese, il blocco definitivo di 90.000 cantieri e la perdita di 130.000 posti di lavoro».

Una decisione che avvantaggia i ricchi

L’accesso ai bonus edilizi ora diventa una possibilità solo per chi ha la capienza di imposte dichiarate necessaria per ottenere il 100% delle agevolazioni. Chi ha redditi bassi e dunque versa meno imposte, senza la cessione dei crediti o lo sconto in fattura resta escluso dai lavori più costosi di ristrutturazione, messa in sicurezza o efficientamento energetico.

Più nello specifico, secondo gli esperti fiscali per ottenere 100 mila euro di rimborsi Irpef in 4 anni serve un reddito di poco inferiore ai 70 mila euro, e questo riduce la platea di coloro che possono approfittare in pieno a circa il 4% degli italiani.

Chi si salva dalla stretta

Sii salva chi ha già iniziato i lavori pagando alcune fatture e, ovviamente, chi ha già effettuato almeno una cessione del credito. Lo stesso vale anche per chi non ha ancora iniziato i lavori, ma ha depositato la Certificazione di inizio lavori prima della data di entrata in vigore del decreto.

C’è però un aspetto molto importante da sottolineare: la possibilità di accedere alla cessione è solo sulla carta e non garantisce affatto che si troverà una banca disposta a ritirare il credito.

Tavolo tecnico col Governo

Il Governo ha convocato un tavolo tecnico per affrontare la vicenda. Tra le soluzioni che saranno vagliate a prima passa per la compensazione delle tasse pagate dai cittadini in banca coi modelli F24: una percentuale di queste, forse l'1% cioè 5 miliardi, verrebbe trattenuta dalle banche e utilizzata per pagare le imprese.

La seconda passa per la cartolarizzazione dei crediti da parte delle banche che li venderebbero a società finanziarie che poi recupererebbero dallo Stato. La terza strada passa per il coinvolgimento delle società pubbliche Cdp e Sace che hanno liquidità e possono comprare dalle banche i crediti fiscali ora bloccati.

Come sempre non mancano escamotage fantasiosi come coinvolgere, non si comprende a quale titolo, Eni ed Enel. L’unica certezza è che una soluzione deve essere trovata in tempi brevi.