Uno dei meriti più misconosciuti dell’esperienza di governo di Mario Draghi è l’effetto volano che ha avuto sul private Equity in Italia.
Dell'inviato Giuseppe Wrzy, pubblicista ed esperto economico italiano di finewsticino.ch
La credibilità dell’ex numero uno della Bce ha contribuito a portare il rischio Italia su livelli che non si vedevano da anni, con il CdS che il 1* agosto del 2021 è sceso fino a 115,960 punti base.
Il resto lo hanno fatto l’enorme liquidità presente sul mercato e la presenza di un numero estremamente elevato di opportunità di acquisto. Ora che le prime due condizioni sono venute meno, con l’avvento del governo Giorgia Meloni (foto sotto) e l’impennata dei tassi a rendere assi meno appetibile il costo del denaro, ci si sarebbe dovuto aspettare una fuga del private equity dai lidi italiani.
(foto: Keystone)
Se ciò non è accaduto, una parte del merito va riconosciuto all’attuale esecutivo, capace, finora, di non spaventare i capitali internazionali, tanto che i Cds, dopo alcuni picchi sopra 200, si attestano poco sotto quota 180 punti.
Multipli italiani destinati a scendere
Quel che rende appetibile l’Italia è, paradossalmente, la sua arretratezza in ambito finanziario. In sostanza il Belpaese offre una quantità di possibili prede che non hanno mai ancora avuto investitori istituzionali come proprietà. E i prezzi sembrano destinati a scendere.
Secondo una ricerca di Equita i multipli di valutazione per le società oggetto di m&a da parte di fondi di private equity sono saliti a fine settembre 2022 a 12,7 volte l’ebitda dalle 12,2 volte di tutto il 2021. Una crescita che si confronta invece con il calo dei multipli delle aziende quotate a Piazza Affari.
(foto: August de Richelieu, Pexels)
Questa situazione, però, non è destinata a durare, perché è fisiologico un gap temporale tra multipli di borsa, che sono in tempo reale, e multipli dell’m&a. Inoltre, il Private Equity è uno di quesi settori su cui le prospettive rimangono rialziste anche nel 2023 che si annuncia un anno complesso.
Ad esempio, dall’Institutional Investors Survey di Natixis Im, emerge che gli investitori per i prossimi dodici mesi sono nel complesso rialzisti sul private equity (62%) e sul mercato obbligazionario (56%), mentre sono più cauti quando si parla di mercati azionari e private debt. In questo contesto il private equity italiano ha continuato a crescere.
In 10 mesi 2022 operazioni salite del 14%
Secondo quanto rilevato dall’osservatorio Private Equity Monitor di Liic-Università Cattaneo nello scorso mese di ottobre sono stati effettuati 36 nuovi investimenti rispetto ai 33 dello stesso periodo del 2021 mentre nei primi dieci mesi dell’anno le operazioni sono state 342 rispetto alle 300 dello stesso periodo dello scorso anno (+14%).
Nuova leva di banker under 50
I
l successo del Private Equity ha portato alla nascita di una nuova generazione di finanzieri italiani, quasi tutti under 50, che, dopo una lunga preparazione in banche del mondo anglosassone o statunitense, oggi opera nel private equity e nell’M&A in Italia. Molti di loro sono passati da Goldman Sachs. Il più famoso è Francesco Canzonieri (foto sopra), cofondatore e a.d. di Nextalia.
A 39 anni era global co-head of corporate and investment banking di Mediobanca. Durante la sua permanenza in Mediobanca ha seguito, tra l’altro, l’Offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, un lavoro che gli valse gli apprezzamenti di Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, che in molti lessero come una sorta di corteggiamento professionale, che però non è andato in porto.
Sempre in Goldman Sachs si sono formati Nicola Colavito (oggi Peninsula), Antonio Gatti (Investindustrial), Nino Mattarella (Bofa) e Andrea Valeri (Blackstone Italia). Hanno un passato in JP Morgan, oltre allo stesso Colavito, Massimiliano Ruggieri (oggi Morgan Stanley), mentre Francesco Cardinali è ancora in JP Morgan.
Tra le signore del private equity, spiccano Anna Tavano (Hsbc, foto sopra), Roberta Benaglia (Style Capital Sgr) e Elena Lavezzi (Kuda). Molto interesse al mercato italiano arriva della Germania.
Aumenta presenza private tedeschi in Italia
Nel 2021 fra i private equity che hanno deciso di presidiare il mercato o di rafforzare il team esistente. spicca Deutsche Beteiligungs Ag (Dbag) è un private equity tedesco fondato nel fondato nel 1965 e quotato alla Borsa di Francoforte dal 1985.
Sempre dalla Germania arrivano Bregal Unternehmerkapital, che investe in realtà del mid-market e Aureulius, attivo in Italia da anni e che ha aperto un ufficio a Milano nello scorso settembre mentre Gilde, anch’esso, specializzato in mid-market, Gilde opera soprattutto nella regione del Benelux (Paesi Bassi, Lussemburgo e Belgio) e quella Dach (Germania, Austria e Svizzera).
I