Il banchiere napoletano è scomparso all’età di 71 anni dopo una breve malattia. Uomo elegantissimo e amante dell’arte ha partecipato e ha creato molte delle grandi operazioni finanziarie italiane.
E’ scomparso all’età di 71 anni Federico Imbert, banchiere potente e rispettato. Napoletano, era considerato per distacco il banchiere più elegante, dotato di modi d’altri tempi era legatissimo alla famiglia, alla moglie Isabella, alle due figlie e ai sei nipoti. Era un amante del mare, delle auto sportive d’epoca, era collezionista di arte antica, con una marcata predilezione per il vedutismo romantico, e napoletano in particolare, che spaziava dai grandi quadri alle piccole gouaches.
Nella sua carriera ha di fatto lavorato per due gruppi. Per 36 anni ha prestato servizio alla Chase Manhattan Bank, anche dopo la fusione con Jp Morgan. Nel 2010 è diventato Ceo di Credit Suisse Italia. Dopo la sua fusione con Ubs è divenuto senior advisor di quest’ultima. Imbert aveva relazioni personali strettissime con grande parte dell’establishment italiano.
Sul piano privato è stato socio di John Elkann in Merope asset management, che fa investimenti immobiliari a Milano. Ha assistito Telecom, Pirelli quindi Marco Tronchetti Provera, Silvio Berlusconi, Salvatore Ligresti, la famiglia Moratti, le grandi banche a partire dal Monte dei Paschi di Siena
Capolavoro Ubi
La grandezza di Imbert è stata quella di riuscire a ottenere il meglio per i propri clienti facendo sempre prevalere la ragionevolezza. Nel 2020 Credit Suisse fu ingaggiata, assieme a Goldman Sachs, da Ubi Banca per contrastare l’assalto di Intesa Sanpaolo.
Fu grazie alla sua opera di convincimento che i soci uscenti di Ubi ebbero oltre 650 milioni di euro in più rispetto al prezzo che Carlo Messina voleva pagare. In una riunione ristretta riuscì a convincere l’offerente ad aggiungere una parte cash al concambio azionario per evitare uno stallo che non conveniva a nessuno facendo alzare la valutazione di Ubi da 3,47 miliardi a 4,12 miliardi di euro.
Imbert ebbe un ruolo di primo piano in un’operazione destinata a cambiare la fisionomia finanziaria italiana. Nel 1999 insieme a Ruggero Magnoni di Lehman, assistette Roberto Colaninno e Emilio Gnutti in quella fu definita la «madre di tutte le Opa», l’offerta da 115 mila miliardi di lire su Telecom Italia realizzata con un «Leveraged Buyout» che ebbe successo grazie anche a un maxi-finanziamento bancario targato Chase. Due anni dopo Imbert con JpMorgan si schierò dalla parte di Tronchetti che insieme ai Benetton rilevò Telecom.
Vicino a Berlusconi e Ligresti
Federico Imbert è anche stato il consulente speciale di Salvatore Ligresti assieme a Mediobanca di Enrico Cuccia. Nel 2011 ideo la creazione di una società, partecipata al 40% dalla stessa Credit Suisse, in cui furono conce triate le partecipazioni del gruppo Ligresti ed alleggerire la posizione debitoria del suo gruppo.
Fu una soluzione per alleggerire il peso dei debiti. Nel 1995 fu in prima fila con altre banche per la quotazione in Borsa di Mediaset di Silvio Berlusconi. Andando ancora a ritroso è stato fra gli artefici della privatizzazione di Banca Commerciale e Credito Italiano.
Passione per l'arte
La sua passione per l’arte lo ha portato a supportare musei molto importanti come il Poldi Pezzoli a Milano dove ricopriva la carica di consigliere di amministrazione, la Pinacoteca di Brera e il Museo di Capodimonte a Napoli. E’ stato anche un maestro.
Alla sua scuola sono cresciuti Andrea Donzelli e Paolo Celesia oggi in Jefferies, Francesco Rossi Ferrini e Francesco Cardinali di JpMorgan e Guido Banti di Ubs.