«Non mi sarei mai sognato di scrivere di criptovalute. Forse è a causa della mia età o a causa della mia pluriennale esperienza con gli investimenti tradizionali. Ma mai dire mai», scrive Francesco Magistra in un saggio per finewsticino.ch.

Anche se dovrei ormai esserci abituato, rimango sempre di stucco quando persone che consideravano le azioni come «investimenti ad alto rischio» finiscono per innamorarsi di questo nuovo strumento, guadagnando (alcuni di loro) o perdendo (la maggior parte di loro) denaro su bitcoin e sulle circa 20 000 altre criptovalute apparse e scomparse negli ultimi 15 anni.

La storia del bitcoin è davvero affascinante, e i grafici parlano da sé inducendo gli apprendisti investitori a sognare facili guadagni. Un grafico di Microsoft (oppure di Amazon o Google) su 20 anni potrebbe trasmettere la stessa sensazione, visto che l'azione valeva 0,10 USD ed è ora vicina a 400. Ma come detto, le azioni sono considerate noiose e rischiose, mentre per molti le criptovalute «sono diverse» e alla moda. Hanno ragione, ma non capiscono il perché.

«Le criptovalute sembrano essere fuori portata per gli avidi uffici fiscali e i fanatici della regolamentazione»

Pensiamo tutti di sapere cos'è il bitcoin: è una valuta digitale che opera su una tecnologia di registro distribuita e decentralizzata, nota come blockchain. Contrariamente alle valute tradizionali, soggette al controllo delle autorità, il bitcoin funziona su una rete «peer-to-peer» (contatto diretto fra due parti). Questa decentralizzazione elimina la necessità di intermediari, rendendo le transazioni più efficienti, sicure e resistenti alla censura.

In altre parole: niente banche e quindi niente estratti conto bancari, niente commissioni, nessun intervento statale, nessuna inflazione, nessuna regolamentazione, nessun controllo. I tuoi beni sono sempre con te, ovunque tu vada, rendendo ridicola la regolamentazione restrittiva alle frontiere e i controlli sui capitali. Mentre le banconote da 500 euro (e presto tutto il contante, come spera la signora Lagarde) sono destinate a scomparire, le criptovalute sembrano essere fuori portata per gli avidi uffici fiscali e i fanatici della regolamentazione.

«Addio alla diversificazione degli investimenti»

Mi ci è voluto un viaggio in Argentina alla fine dell'anno scorso per capire tutta la potenza di questo nuovo asset. La recente storia economica del paese è davvero la migliore scuola di economia disponibile. Tra molte altre sfaccettature dell'economia, essa mi ha insegnato che le riserve di valuta straniera nel tuo conto bancario non appartengono interamente a te, ma possono essere considerate in modo perverso come parte delle riserve internazionali di valuta del paese.

Dopo un periodo di dieci anni di stabilità in cui 1 dollaro era equivalente a 1 peso, il 1° dicembre 2001 (un sabato) tutti i depositi bancari furono congelati e i prelievi in contanti furono limitati a 250 pesos a settimana. Non era più permesso prelevare denaro dal proprio conto in dollari. Un mese dopo, il 6 gennaio 2002 (una domenica), il tasso di cambio 1:1 fu eliminato, i saldi bancari in dollari furono convertiti forzatamente in pesos e la moneta argentina iniziò la sua caduta vertiginosa, raggiungendo, a fine 2023, un tasso di cambio di 1.100 pesos per 1 dollaro. Addio alla diversificazione degli investimenti.

Vent'anni dopo, l'Argentina continuava a imporre restrizioni: fino allo scorso dicembre si potevano acquistare solo 200 dollari al mese al tasso ufficiale contro la moneta nazionale in rapida svalutazione.

«E non sto parlando solo dell'America Latina»

Vivere nel paese era come vivere su un altro pianeta: tutte le transazioni avvenivano in contanti, il tasso di cambio parallelo (blu, come chiamano il mercato nero) era spesso un multiplo del tasso di cambio ufficiale, mentre ogni transazione internazionale (importazioni, esportazioni, viaggi) era controllata dallo stato e soggetta ad autorizzazione, almeno fino a quando il presidente Javier Milei è entrato in carica (affaire à suivre).

A tutt’oggi detenere un peso rappresenta uno stress, poiché l'inflazione vicina al 200% annuale ne diminuisce il potere d'acquisto già il giorno successivo: bisogna quindi spenderlo rapidamente. Non vi sono limiti per l’adozione di misure repressive e confiscatorie da parte di paesi sovradimensionati, sovraregolamentati e sovraindebitati. E non sto parlando solo dell'America Latina.

«Possedere alcuni bitcoin nel proprio portafoglio può quindi fare tutta la differenza»

Il guru degli investimenti Marc Faber raccomanda di avere sempre a disposizione alcune piccole monete d'oro (da 1 a 3 grammi), per il caso in cui scoppiasse il caos; tuttavia, l'oro può essere facilmente confiscato o rubato e non è consentito portarne per più di 10.000 dollari in molti paesi senza dichiararlo. Possedere alcuni bitcoin nel proprio portafoglio può quindi fare tutta la differenza.

Un mio compagno di viaggio argentino è riuscito a sfuggire a tutte le frontiere e a pagare le sue vacanze di sei mesi in Europa grazie al suo wallet crypto. Ha imparato a includere sempre diversi bitcoin nella sua dichiarazione dei redditi sotto la rubrica «oro fisico e contante»: «Per la prima volta nella storia – mi ha detto – l'ufficio delle imposte deve accettare la mia parola su quanto sto dichiarando, poiché non esiste una prova documentata ufficiale dei miei attivi crypto».

Ciò che ho imparato: in un'epoca contrassegnata da incertezze finanziarie, da crescenti rischi monetari, da un inasprimento dei controlli fiscali e da rischi bancari difficili da valutare, il bitcoin emerge come una forza rivoluzionaria che sta riconfigurando il panorama della finanza tradizionale. Molto oltre la speculazione e l'investimento, il ruolo per il quale è stato concepito è quello di sfidare lo status quo e di fornire agli individui un mezzo alternativo di emancipazione finanziaria.

«Vale la pena di scommettere»

La volatilità dei prezzi, le incertezze di tipo normativo e le barriere tecnologiche rimangono rischi e aspetti chiave da affrontare. I governi, alle prese con la crescita delle criptovalute, stanno navigando entro i quadri normativi per trovare un equilibrio tra innovazione, stabilità finanziaria e controllo.

Un controllo al quale non mi aspetto siano pronti a rinunciare facilmente, specialmente alla luce del previsto lancio delle CBDC (Central Bank Digital Currency), un cavallo di Troia presentato come alternativa alle criptovalute standard ma progettato per controllare, tassare e manipolare ogni singola transazione finanziaria.

L'Europa, inoltre, si sta preparando al lancio di un «Registro degli asset» per ottenere un controllo stretto su tutti gli averi di tutti i cittadini europei, inclusi arte, oro fisico, veicoli, navi e aeroplani, partecipazioni azionarie e proprietà immobiliari. Il loro obiettivo è di includere anche le monete crypto, ma saranno in grado di farlo? Vale la pena di scommettere.


Francesco Magistra è presidente del Consiglio di Amministrazione del ticinese Nemesis Group di Lugano e socio di Osiris Asset Management di Vaduz, nel Principato del Liechtenstein. Dopo aver completato la sua formazione a New York, è stato nominato rappresentante della Società di Banche Svizzere (SBS, poi UBS) a Lima e poi a Montevideo. Dopo il suo rientro in Svizzera, ha ripreso il progetto di sviluppo delle vendite «Fixed Income Emerging Markets», prima di tornare a Lugano come Head of Latin America responsabile di Brasile, Argentina, Venezuela e Perù. In totale ha lavorato per UBS per 15 anni. Dal 2001 è lavoratore autonomo.