L’amministratore delegato di Unicredit è consapevole che a breve inizierà una nuova ondata di consolidamento nel mercato italiano. E sa cosa vuole e cosa non vuole.

Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, è perfettamente consapevole che i giorni felici della crescita senza limiti, o quasi, del margine di interesse stanno per terminare. La politica dei tassi di interesse sta cambiare, la Bce si sta preparando a tagliare il costo del denaro e la crescita dei crediti in sofferenza è prevista anche dagli osservatori più cauti.

Le banche, piccole e grandi, soprattutto in Italia, sanno che sta per iniziare una stagione di grande dinamismo. Perché ci sia il kick-off sarà necessario che i singoli istituti vadano a liquidare i conti del 2023, che saranno la base delle valutazioni con cui celebrare i matrimoni.

La storia bancaria italiana

Unicredit sa che difficilmente potrà sottrarsi dal giocare un ruolo di primo piano, visto che Intesa Sanpaolo non può più crescere nel Belpaese per sopraggiunti limiti Antitrust. Glielo chiede il Governo, se lo aspettano i soci, primo fra tutti la Fondazione Crt che è guidata da Fabrizio Palenzona, che è stato ed è il primo grande elettore di Orcel.

Ma la storia bancaria italiana insegna che un acquisizione fatta a prezzi non convenienti può divenire un problema in grado di travolgere anche l’acquirente. Il caso principe è stato quello dell’acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena che ha innescato l’inizio del declino della banca senese. Orcel sa quindi che gli sarà chiesto di aggregare e non vuole che questa condizione venga usata dai venditori per cercare di spuntare prezzi fuori mercato.

Mercato ha buona memoria

In una intervista rilasciata a Bloomberg non più tardi di tre settimane fa, Orcel ha detto chiaramente che l’Europa ha bisogno di banche con capitalizzazione di mercato superiori ai 100 miliardi di euro se si vuole che questo blocco economico regga nei confronti di Stati Uniti o Cina.

Il mercato ha buona memoria, soprattutto delle notizie che aspetta con ansia, e quindi quando, in una recente intervista alla tedesca Faz, il manager si è mostrato timido sulla campagna M&A, è stato inevitabile pensare alla melina.

La distanza è lunga

Parlando alla «Frankfurter Allgemeine Zeitung» il banchiere ha fatto chiaramente capire di  puntare a un’importante acquisizione bancaria, ma senza precipitazione. In termini di asset – non di capitalizzazione di mercato – Unicredit è solo 14esima tra le banche più grandi d’Europa. La distanza per arrivare a 100 miliardi di capitalizzazione è lunga.

Ma Orcel spiega di non volere correre rischi inutili. «Credo che uno degli errori più grandi che fanno le banche sia fare attenzione alle dimensioni, perché poi un giorno si assumono troppi rischi».

Unicredit può scegliere in 13 mercati

Unicredit non è obbligata a fare acquisizioni in Italia. Ha molte scelte visto che è presente in 13 mercati. E, spiega Orcel, ha capacità e mezzi. «Sappiamo come integrare e come ripulire. Inoltre la banca dispone di un capitale eccedente di 10 miliardi di euro, ovvero il capitale superiore all’obiettivo azionario del 12,5% degli attivi ponderati per il rischio.

Ma agiremo solo se ci saranno le condizioni giuste. Alcune banche non vogliono fare affari. Altre hanno prezzi molto gonfiati. Quindi ne stiamo lontani, siamo disciplinati» ha spiegato l’amministratore delegato di Unicredit.

Sull’altare della diplomazia

I soci di Unicredit desiderano che la banca abbia rapporti migliori con l’Esecutivo rispetto a quelli avuti finora. E sull’altare della diplomazia sono pronti a sacrificare la conferma del presidente Power Carlo Padoan, che è stato ministro di governi di centrosinistra.

Orcel si è sottratto alle domande sulla polemica relativa alla tassa sugli extraprofitti bancari innescata dal Governo chiusa con una rovinosa retromarcia dell’esecutivo. «Non commenterò questa tassa perché è una decisione politica» ha detto precisando poi che «per quanto riguarda l’imposta sugli utili eccedenti, però, è tecnicamente sbagliato basarsi esclusivamente sulla remunerazione del conto corrente, che regola solo le cose quotidiane dei clienti».