Le acquisizioni, se ci saranno, non avranno dimensioni importanti perché Unicredit ha una capitalizzazione ancora bassa e non le reggerebbe.
Il mood di Andrea Orcel nei confronti della possibile crescita per linee esterne di Unicredit sembra essersi modificato. In una intervista concessa a «Bloomberg (articolo soggetto a pagamento) il manager ha spiegato che i circa 10 miliardi di capitale in eccesso che la banca ha in pancia possono essere utilizzati per eventuali acquisizioni.
Come sempre ha aggiunto che la campagna acquisti non verrà realizzata a tutti i costi e che se non saranno individuate prede all’altezza i soldi saranno restituiti ai soci tramite buyback o distribuzione di cedole. Ma oggi sembrano più ipotesi di scuola rispetto a quanto non lo fossero nel recente passato.
Burocrazia interna
A meno di colpi di scena eventuali dossier rilevanti verranno affrontati a partire del prossimo mese di aprile dopo che l’assemblea avrà rinnovato il Cda. Sarebbe inusuale che un consiglio in scadenza e i cui componenti ancora non hanno avuto la conferma della presenza nella lista che verrà presentata dal consiglio per il rinnovo, approvasse un deal impegnativo in termini economici e di lavoro.
Nelle more, il Cda continuerà a lavorare alla riduzione della burocrazia interna, alla chiusura delle linee di business meno redditizie oltre che alla progressiva riduzione dell’organico.
Pensare in grande
Se Unicredit alla fine dovesse optare di restituire ai soci anche i 10 miliardi di capitale in eccesso renderebbe ancora più generoso un piano di remunerazione degli azionisti che è fra i più ricchi, se non il più ricco, del panorama continentale. La banca prevede di distribuire almeno 6,5 miliardi di euro nel 2023 tramite la distribuzione di dividendi e il riacquisto delle azioni. La dimensione dell’eventuale preda da acquisire non potrà essere eccessiva per non mettere in difficoltà Unicredit la cui capitalizzazione di Borsa è di poco inferiore ai 45 miliardi di euro.
«Se non sono i termini giusti, se non è il modo giusto, è meglio non farla» ha detto a ‹Bloomberg› aggiungendo che «se dovessimo fare qualcosa, siamo estremamente fiduciosi di poterne ricavare valore». Orcel vede nel nanismo relativo delle maggiori banche italiane uno dei problemi del sistema italiano spiegando che «la valutazione di Unicredit in borsa è inferiore a quella della maggior parte dei concorrenti». Ma si tratta di un problema non solo italiano. Orcel ha infatti ricordato che l’Europa ha bisogno di banche con capitalizzazioni di mercato superiori a 100 miliardi di dollari se si vuole che questo blocco economico regga nei confronti degli Stati Uniti o della Cina.
Scarsi impatti da Signa
Il coinvolgimento di Unicredit nel fallimento della società immobiliare austriaca Signa, ribattezzata frettolosamente la Lehman Brothers europea, avrà un impatto limitato sulla banca guidata da Andrea Orcel secondo le stime degli analisti. Unicredit ha un’esposizione complessiva nell’ordine dei 600 milioni di euro. Un portavoce ha recentemente dichiarato che la banca non ha esposizione diretta verso la holding, e che invece ha concesso finanziamenti per singoli progetti immobiliari, con prestiti garantiti.
Secondo gli analisti, UniCredit potrebbe utilizzare parte degli accantonamenti già effettuati per coprire l’esposizione, limitando l’impatto sulle sue politiche di pagamento. Equita Sim ha confermato che UniCredit può assorbire eventuali perdite senza impatti significativi sulle politiche distributive, grazie a 1,8 miliardi di euro di overlays e alla robusta generazione di utili.