Il ritorno alla redditività delle banche Italiane rende più oscuro il futuro di Mps e del Terzo Polo.
Il ritorno del margine d’Interesse, grazie all’inasprimento delle politiche monetarie delle banche centrali del mondo occidentale, ha benedetto i conti delle banche.
Quelle italiane non hanno fatto eccezione liquidando bilanci ricchi di cedole e soddisfazioni per i soci. Ma siccome non esistono rose senza spine, il robusto stato di salute del comparto bancario italiano rende molto più complicata la realizzazione del Terzo Polo.
Si scrive Terzo Polo, si legge nozze Mps
Si scrive Terzo Polo ma si legge matrimonio per il Monte dei Paschi di Siena. Il Tesoro controlla il 64,2% della Banca dopo avere versato 1,6 miliardi di euro in occasione dell’ultima ricapitalizzazione da 2,5 miliardi. La ripresa dei conti della banca, e la riduzione rilevante dei rischi da contenzioso dopo che la Corte d’Appello di Milano ha definito legittime le operazioni Santorini e Alexandria, che invece secondo l’accusa sarebbero stati derivati costruiti per occultare perdite, rendono di fatto impraticabile una soluzione di sistema simile a quella che portò la popolare di Vicenza e Veneto Banca nel perimetro di Intesa Sanpaolo per un corrispettivo di 1 euro e libere da gravami. Il cavaliere bianco dovrà mettere mano al portafogli.
E questo piace poco ai banchieri, che hanno iniziato le schermaglie tattiche.
I pretendenti… si sottraggono
Andrea Orcel, ad di Unicredit, ha detto che farà solo operazioni che non compromettano la sua capacità di remunerare gli azionisti. E il Monte è boccone troppo grosso per poter convivere con le ricche cedole di Unicredit. Carlo Messina, Ceo di Intesa Sanpaolo, ha spiegato che la sua banca è troppo grande in Italia per fare acquisti. Giuseppe Castagna si è messo in scia a Messina dicendo che se intesa è troppo grande Banco Bpm è troppo piccola.
Al giochino non si è voluto sottrarre nemmeno Carlo Cimbri, numero uno di Unipol, primo socio di Bper, che ha chiosato “se Messina dice di essere troppo grande e Banco Bpm piccola, allora dico che Bper e' troppo piccolissima".
The bigger the better
Qualunque sia il destino del Monte, il sistema bancario italiano è assetato di operatori di dimensioni elevate. Lo ha ribadito Messina nel corso della recente conferenza di commento ai conti 2022. «Non so nulla di progetti di poli attorno a Mps, ha spiegato, ma più operatori di peso specifico, di grandi dimensioni, ci sono nel nostro Paese meglio è per il sistema economico. Se c’è un progetto per rafforzare alcuni operatori del sistema ne sono contento».
Un polo destinato a crescere è quello della Bper che ha appena comprato banca Carige ed è accreditata di una prossima campagna per la conquista della Popolare di Sondrio. Un progetto interessante, ma che ha bisogno di tempo per crescere.
Terzo Polo… parcellizzato
Se per terzo polo intendiamo invece un modo di fare banca differente da quello delle major, questo esiste anche se è parcellizzato sul territorio. E’ rappresentato dalle banche private, con ciò intendendo quegli istituti che fanno capo a una famiglia e che quindi prestano i soldi con un surplus di attenzione. E spesso hanno più danni che benefici dal partecipare a operazioni di sistema.
E’ il caso del Credem della famiglia Maramotti che ha chiuso il 2022 con un utile netto di 316,97 milioni di euro, in calo rispetto ai 352,43 milioni del 2021 solo perché il risultato è stato influenzato da una spesa di oltre 60 milioni di euro di contributi ai fondi per la gestione delle banche in difficoltà. La dimensione ridotta consente di fare selezione, ma è un fatto che la maggioranza assoluta dei clienti di queste banche sia nelle prime due fasce del ratinò bancario, quindi eccellenza assoluta.
B. Desio e Gruppo Sella, piccoli ma efficienti
Più piccolo, ma sempre quotato, il Banco Desio della famiglia Gavazzi. Ha chiuso il 2022 con un utile netto di 81,46 milioni, in crescita del 48,4% sui 54,9 milioni dell’esercizio precedente. Il tutto a fronte di una crescita dei crediti deteriorati limitata e pari all’1,7% degli impieghi netto a loro volta pari a 11,5 miliardi.
Il gruppo Sella, che fa capo all’omonima famiglia, ha chiuso lo scorso esercizio con un utile netto di 91,9 milioni, in crescita dai 56 milioni del 2021 e impieghi per 10,6 miliardi (+8,5%) e un Npl ratio netto all’1,8%. Pensare di aggregarle è pura fantascienza e in fondo la loro grandezza è nell’essere piccole e agili, ma rappresentano se non il Terzo polo la terzietà bancaria.