Le nomine dei vertici di UBS per il mercato nazionale appaiono come una dimostrazione di forza nei confronti del Credit Suisse. Ma la vittoria del più forte non è necessariamente il fattore predominante.

Le nomine comunicate ieri di UBS Svizzera sembrano segnalare ai dipendenti di Credit Suisse, ancora in attesa di conoscere il loro destino nell'integrazione, che praticamente tutte le funzioni dirigenziali chiave andranno ai manager di UBS.

Ci sono delle eccezioni. Jens Haas, di Credit Suisse, diventa co-responsabile dell’investment banking con Martin Kesselring di UBS e Reto Mueller. L'ex responsabile regionale del Credit Suisse diventa il risk manager per le attività nazionali. Questo rende l'ultima tornata di nomine solo marginalmente più equilibrata rispetto a quanto visto a livello di Gruppo, dove Ulrich Koerner è stato l'unico ex Credit Suisse ad entrare nel top management di UBS.

La sopravvivenza del più idoneo

A prima vista, pare che i manager di UBS siano in genere in grado di tagliare i posti laddove esistono delle duplicazioni, però sembra anche che i manager di Credit Suisse ottengano il giusto riconoscimento quando la loro attività dimostra una marcia in più. Si applica la «sopravvivenza del più idoneo», e questo è indiscutibilmente «UBS».

UBS nega l'esistenza di un disegno che vede i dipendenti del Credit Suisse sempre secondi classificati. Anche perché questo sarebbe in palese contraddizione con la promessa fatta dal CEO del Gruppo Sergio Ermotti, secondo cui la società UBS avrebbe sempre preso in considerazione tutti i dipendenti, sia di UBS che di Credit Suisse.

Le star del Credit Suisse se ne sono andate

Sabine Keller-Busse, nella sua riorganizzazione, ha dovuto fare i conti con i diversi vuoti lasciati da manager esperti che se ne erano già andati. Tra questi, l'ex responsabile del private banking Serge Fehr, l'ex responsabile del retail banking Anke Bridge-Haux e l'ex responsabile del corporate banking Andreas Gerber.

André Helfenstein è l'unico dirigente rimasto. In qualità di responsabile del Credit Suisse Svizzera, ne coordinerà l'integrazione con UBS, fino alla sua completa scomparsa nel 2025.

Obiettivo di risparmio rivisto

Questo suggerisce che c'è una legge molto più potente in gioco per l'integrazione: la velocità. Anche se per la conclusione dell'acquisizione ci vorranno ancora degli anni, il calendario di UBS è ambizioso. Il mese scorso ha dichiarato di voler ottenere altri 2 miliardi di dollari di risparmi, e raggiungere così 10 miliardi di dollari entro il 2027.

La voce di spesa più importante per le banche è tradizionalmente il personale, cosa chiara a tutti i dipendenti, visti i tagli che vengono fatti a ritmo serrato. In Svizzera, probabilmente, si supereranno i 3.000 licenziamenti annunciati di recente.

Timing inflessibile

Il ritmo del cambiamento in atto costringe il management di UBS ad avvalersi di figure di fiducia. Ermotti ha recentemente dichiarato che, per ridurre al minimo i rischi dell’integrazione, deve obbligatoriamente scegliere persone che abbiano familiarità con il suo approccio, senza lasciare tempo alla sperimentazione.

La regola dell'1:3, secondo la quale un terzo del personale di un'azienda acquisita rimane per salvaguardare le operazioni, viene messa in discussione dagli osservatori dell'operazione.

8.000 uscite nel primo semestre

È possibile che, dopo gli annunci fatti all'inizio della settimana, la forza lavoro subirà un'altra scossa. Secondo UBS, circa 8.000 dipendenti hanno già lasciato l'azienda nella prima metà dell'anno, il che dovrebbe facilitare il lavoro di cost-cutting.

Anche gli eventi degli ultimi giorni indicano che l’esodo è in corso: ieri le banche private svizzere Julius Baer ed EFG International hanno dato il benvenuto a ex dipendenti del Credit Suisse.