In Italia la differenza fra gestione efficiente e inefficiente dei crediti, e spesso la distanza fra insuccesso o successo nella gestione dei clienti, risiede in un acronimo di tre lettere UTP.

Che sta per Unlikely to Pay (UTP). Si tratta di inadempienze molto probabili, crediti che hanno già generato allerta e che sono fortemente a rischio di deteriorarsi.

Un tempo si chiamavano incagli, una categoria tipica del settore bancario italiano che la vigilanza unica non ha apprezzato, L’introduzione, nel 2016, del principio Ifrs 9, ha creato uno iato nei bilanci bancari.

Gioia del regolatore

Il nuovo principio contabile ha stabilito che il fondo di copertura per le perdite attese debba basarsi sul modello Expected Loss Model per rispondere alla necessità di recepire con maggiore tempestività le perdite attese.

Quando gli istituti italiani sono stati indotti a fare pulizia hanno falcidiato Npl e Utp con la stessa ferocia. Per la gioia del regolatore, e di alcuni nuovi concorrenti. Tra i primi a comprendere che l’acquisto di Utp nascondesse dei notevoli vantaggi è stato il triestino Giovanni Bossi, all’epoca in cui era ad di Banca Ifis.

Cherry Picking

Corrado Passera, ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, quando ha fondato la sua Illimity Bank ha iniziato una seconda fase di massimizzazione degli Utp ovvero, l’acquisizione insieme al credito di una serie di relazioni industriali che, una volta riportato il credito in bonis, sono destinate ad arricchire e fare crescere la banca che le ha rilevate.

Bossi, che nel frattempo è uscito da Ifis e ha dato vita a una sua nuova creatura, ha creato una sorta di modello tailor made per la gestione dei crediti e della clientela.

Dalla fusione fra Banco delle Tre Venezie e Cherry 106 è nata Cherry Bank, di cui Bossi è socio di maggioranza relativa con una quota del 40,7%. Una banca che, con un anacoluto, si può definire come una Fintech conservatrice. La scelta di tenere la ciliegia nel nome e nel simbolo è un vezzo ma anche un messaggio di marketing nella misura in cui allude al concetto di «cherry picking», ossia alla capacità di selezionare le opportunità che creano valore per i clienti e per la Banca.

Giudizio finale

Cherry riprende molte delle attività time consuming, tipiche del modo di fare banca d’antan. L’ascolto delle esigenze del cliente, sia esso impresa o privato, è il punto di partenza, intendendo l’ascolto nel nel senso più ampio, fino al superamento del totem rappresentato dal rating creditizio.

Il cliente viene valutato nella sua specificità e chi è concretamente deputato a dare il giudizio finale sulla pratica ha un margine di manovra e di decisione maggiore rispetto a quelli di una banca convenzionale.

Challenger bank italiane

Cherry Bank, che è una delle dodici challenger bank italiane, è nata con l’ambizione di esplodere il concetto di advisory alla clientela fino a comprendere la fornitura di soluzioni a largo raggio per le tutte le possibili problematiche finanziarie.

Dopo un solo anno di vita può già contare su un portafoglio di asset deteriorati acquisiti di 3,7 miliardi di euro nominali . Dalla nascita ha finalizzato 13 operazioni, tra cui la più rilevante è rappresentata da un portafoglio, originato dal settore bancario e acquisito nel mercato secondario per un valore nominale pari a 1,9 miliardi di euro.

Boutique per risparmiatori e imprese

I crediti acquisiti hanno riguardato complessivamente 191 mila posizioni debitorie, originate per oltre l’85% del valore totale dal segmento bancario, mentre circa il 15% fa riferimento al credito al consumo. Recentemente ha avviato la divisione Special Situations, nata con l'obiettivo di realizzare investimenti in aziende con business model sostenibili, ma che si trovino a fronteggiare una situazione finanziaria problematica.

La divisione guarderà a piccole e medie imprese che hanno perso l'accesso al credito tradizionale, ma che hanno potenzialità per stare sul mercato, e ne sosterrà lo sviluppo utilizzando, caso per caso, strumenti diversi di supporto.

Importante investimento

L’ultima nata è l’unita' di business, dedicata al Wealth Management che prevede un programma di assunzioni di un centinaio di private banker, con l'obiettivo di creare una boutique per risparmiatori e imprese.

«Abbiamo a piano – ha spiegato Bossi – un importante investimento sulle risorse. Se siamo consapevoli che per molte operazioni la digitalizzazione e' ormai necessaria, riteniamo che per la gestione dei risparmi, specialmente per conto di una clientela upper affluent, private e high net worth individual, la professionalita' del consulente e la capacita' di creare relazioni di valore con le persone restano requisiti fondamentali.»