La storica mancanza di classe dirigente della destra italiana si sta manifestando, in maniera anche abbastanza imbarazzante, nei giorni immediatamente successivi alle elezioni.

Dell'inviato Giuseppe Wrzy, un pubblicista ed esperto economico italiano

In particolare sta assumendo toni surreali lo scouting per la posizione strategicamente più importante del nascituro governo, ovvero quella di Ministro dell’Economia. Giorgia Meloni ha fatto trapelare di volere un esecutivo con molte figure tecniche, uno dei quali certamente dovrebbe essere il titolare del Tesoro.

Un scelta che tradisce la volontà di muoversi in modo estremamente prudente in un terreno, quello dei conti pubblici, che per l’Italia è per definizione ricco di insidie in considerazione del suo debito monstre, e anche la totale sfiducia negli uomini che compongono la coalizione a partire da Giulio Tremonti, che è stato più volte ministro dell’Economia di governi di centrodestra. Inevitabilmente è iniziata la lotteria dei candidati, che finora ha prodotto un nulla di fatto e una lista di nomi che si sono tirati fuori della gara.

No grazie

Il primo a chiamarsi fuori è stato l’attuale ministro dell’Economia Daniele Franco, la cui conferma avrebbe rappresentato una sorta di endorsement da parte di Mario Draghi, che pure è legato da un rapporto di cordialità e stima con Meloni.

Poi è stato il turno di Fabio Panetta, membro del board della Bce nonché candidato naturale alla successione di Ignazio Visco quando, nel 2023 scadrà il suo mandato di Governatore di Bankitalia. Gli ultimi a rispondere «no grazie» alle avance del nuovo esecutivo sono stati Dario Scannapieco, amministratore delegato della Cassa Depositi e prestiti e, quasi certamente, Gaetano Miccichè, presidente della divisione Imi del Gruppo Intesa Sanpaolo anche se secondo alcune fonti romane non avrebbe ancora chiuso del tutto la porta.

Fatto nulla

Miccichè è il fratello di Gianfranco Miccichè, a lungo nelle fila di Forza Italia. Questa lunga serie di rifiuti non è dovuta a un’antipatia del mondo finanziario nei confronti di Meloni, benché la stessa Meloni non abbia fatto nulla per guadagnarsi le simpatie dei tecnocrati che ha ripetutamente attaccato nei suoi anni all’opposizione.

I rifiuti sono motivati dai timori innescati dagli alleati di Fratelli d’Italia, Forza Italia e, soprattutto, Lega e dalle loro velleità di spesa. Che ci saranno futuri scostamenti di bilancio è quasi certo, ma dovranno arrivare dopo ponderose revisioni di altre spese.

La quadratura del cerchio

Ma il vero incubo di ogni candidato al dicastero dell’Economia è la Flat tax che Matteo Salvini continua a reclamare a gran voce e la cui introduzione farebbe diventare un equazione impossibile la quadratura dei conti italiani. La quadratura del cerchio potrebbe essere trovata, secondo indiscrezioni dell’ultim’ora, con la nomina del leghista Giancarlo Giorgetti, già ministro dello sviluppo economico del Governo Draghi.

Giorgetti è laureato in economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano, è dottore commercialista e revisore contabile. E’ uno dei rappresentanti della Lega maggiormente rispettato sia in Italia sia all’estero in virtù della sua competenza e della sua ragionevolezza. che gli sono valse il soprannome di Gianni Letta (consigliere storico di Silvio Berlusconi ed eminenza grigia della politica italiana) della Lega. Giorgetti è stato a lungo uno dei colonnelli di Salvini.

La manovra di accerchiamento della Meloni

Il rapporto è andato incrinandosi nel corso del Governo Draghi e oggi, al di là delle posizioni diplomatiche di facciata, è ai minimi storici. Se scegliesse Giorgetti all’Economia, Meloni taciterebbe le richieste della Lega che chiede ministeri di primissimo piano nonostante non abbia le percentuali elettorali per reclamarle.

Salvini non potrebbe che definirsi soddisfatto per quanto riconosciuto alla Lega senza però avere al Governo nomi di sua strettissima osservanza in ruoli chiave e con visibilità continua. La manovra di accerchiamento della Meloni a Salvini sarebbe perfetta se, come ipotizzato da alcuni osservatori, proporrà al leader della Lega la poltrona di vicepresidente del consiglio.

La lista dei papabili

In quel caso Salvini sarebbe definitivamente disinnescato perché gli sarebbe di fatto impossibile lucrare consensi creando dialettica, quando non polemiche, in seno al Governo cui sarebbe legato mani e piedi.

A completare la lista dei papabili ci sono due ex ministri di governi di centrodestra, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli. In entrambi i casi si stratta di personaggi di alto profilo in grado di tranquillizzare i mercati.