Nell’ultimo anno la stretta creditizia al settore privato è stata pari a 64 miliardi di euro in termini di minori impieghi da parte degli istituti di credito.
Iniziano a essere decisamente visibili gli effetti negativi dell’aumento dei tassi sull’erogazione e sull’accesso al credito. Al netto delle cartolarizzazioni, nell’ultimo anno gli impieghi delle banche ai privati sono crollati di 63,7 miliardi (-4,7%), passando dai 1.355,8 miliardi di settembre 2022 ai 1.292,1 miliardi di settembre 2023. È quanto emerge dal rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa.
Piú nel dettaglio, i prestiti destinati alle aziende sono scesi a 619,5 miliardi a settembre scorso, con una diminuzione di 56,9 miliardi rispetto a un anno fa. Sul fronte delle famiglie, si registra un calo, nell'anno di 6,8 miliardi da 679,3 miliardi a 672,5 miliardi. La diminuzione è legata principalmente all'andamento fortemente negativo dei prestiti personali, calati di poco meno del 10%, flessione solo in parte compensata dalla crescita del credito al consumo.
Fermi i mutui: lo stock è passato da 424,1 miliardi a 424,7 miliardi con una variazione positiva di appena 545 milioni in 12 mesi (+0,13%). Da da inizio anno i finanziamenti destinati all'acquisto di abitazioni sono scesi di 2,2 miliardi.
Iniziano ad aumentare le sofferenze
Il deterioramento della capacità creditizia di imprese e privati e l’aumento dei costi del credito hanno avuto eco nei bilanci delle banche dove i crediti in sofferenza hanno ripreso a crescere. I crediti «malati» sono cresciuti di oltre 3,5 miliardi di euro. A settembre le sofferenze nette delle banche (calcolate dopo le svalutazioni) ammontavano a 17,9 miliardi di euro, in crescita di quasi il 10% rispetto a settembre 2022 e di ben 3,5 miliardi (+24,8%) rispetto a dicembre dello scorso anno.
«È la tempesta perfetta sul credito bancario: tagliati i prestiti alle imprese, mutui fermi e sofferenze in crescita» afferma il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, spiegando che «è un conto che stanno pagando i cittadini e le imprese, perchè le banche, proprio grazie all'aumento dei tassi, macinano utili come mai. Quest'anno i loro profitti potrebbero superare quota 40 miliardi, secondo le stime piú recenti».
Banche non chiudono i rubinetti
Il presidente dell’Abi, Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, in una recente intervista alla Stampa, ha sottolineato chespiega che «non sono le banche a chiudere i rubinetti: la Banca d'Italia ci dice che a calare è direttamente la domanda di credito. Rispetto al passato credo che quelle imprese che avevano messo da parte liquidità in maniera cospicua invece di prendere denaro a prestito utilizzino la propria. E la stessa cosa han fatto molte famiglie. La fase oggi è decisamente cambiata come confermano anche i dati sulla liquidità che sul mercato è in deciso calo».
Una lettura dei dati che è respinta da Unimpresa. «È inaccettabile – ha aggiunto Spatafora – che i rappresentanti delle banche dicano che la colpa è delle imprese che chiedono meno prestiti. È la storiella del cavallo che non beve, ma a volte non è per mancanza di volontà. Può dipendere, invece, dal fatto che la vasca con l’acqua sia inaccessibile o, peggio, che la stessa acqua sia avvelenata».