E’ presto per un conteggio dei caduti nell’ambito della guerra fra Intesa Sanpaolo, Abi e Fabi,che per è un conflitto a bassa intensità. Una vittima c’è già ed è il presidente dell’Abi Antonio Patuelli.

Presidente della Cassa di Ravenna dal 1995, è al vertice dell’Abi da oltre un decennio. Il 31 gennaio del 2013 succedette al dimissionario Giuseppe Mussari, allora numero uno del Monte dei Paschi di Siena. Antonio Patuelli è un prodotto della Prima Repubblica.

E’ stato anche parlamentare nelle fila del Partito Liberale e dietro una aura severa, nasconde una spiccata capacità di mediazione, virtù che ha avuto un ruolo non secondario nella sua lunghissima carriera.

Patuelli preso in contropiede

La rottura di Messina, e l’uscita di Intesa Sanpaolo dall’Abi con conseguente partecipazione diretta al tavolo delle trattative per il rinnovo del contratto, ha preso Patuelli decisamente in contropiede e lo ha infastidito non poco, consapevole che questo dimostri una mancanza di controllo di quanto accade in quella che considera la sua casa.

Patuelli sa che trovarsi in mezzo a uno scontro fra i due pesi massimi del settore del credito ovverosia Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, prima banca d’Italia per numero di dipendenti (oltre 75.000), e Lando Sileoni, segretario del primo sindacato di settore, la Fabi, forte di oltre 90.000 iscritti, non avrebbe portato benefici alla propria popolarità ha cercato dii tirarsi da parte.

Abi prova a tirarsi fuori da scontro

«Non è con noi la frizione, non c’è un malinteso in famiglia, non è in Abi, non c’è nessun malinteso: è stato un malinteso con i sindacati non con Abi» ha detto Patuelli ai cronisti che gli chiedevano di spiegare la vicenda aggiungendo, in merito a un possibile rientro a pieno titolo di Intesa Sanpaolo in Abi «questo lo dovete chiedere a Intesa Sanpaolo non a me, ma comunque vi è una partecipazione non silente ma attiva e costruttiva come invitati permanenti».

«Quindi c’è costruttività e io confido che la costruttività nel prosieguo sia generale e produca il chiarimento anche di quella giornata».

Intesa non ci sta

Una dichiarazione tutto sommato felpata che da un lato lascia la porta aperta a Intesa Sanpaolo e dall’altro gli lascia campo libero per dirimere la questione a patto che venga riconosciuta la neutralità dell’Abi.

Ma Messina non ha dimostrato alcuna intenzione di concedere nessun tipo di attenuante e, anzi, considera l’inerzia dell’Abi come una delle cause del conflitto.

Dopo poco più di due ore dalle parole di Patuelli un portavoce di Intesa Sanpaolo ha precisato che «la banca ha comunicato all’Abi la revoca del mandato di rappresentanza per il venir meno di un rapporto di fiducia nei confronti del Casl (Comitato Affari sindacali e del lavoro) e dell’Abi nella trattativa con i sindacati riguardo il nuovo contratto».

«Intesa Sanpaolo – ha detto ancora il portavoce – come già reso noto proseguirà nel dialogo – con atteggiamento aperto e spirito di collaborazione – con le organizzazioni sindacali nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come sempre avvenuto, continuando a ritenere le relazioni industriali elemento essenziale nel raggiungimento degli obiettivi del gruppo, nell’interesse di tutti i lavoratori del settore, delle nostre persone e della banca stessa».

La pietra dello scandalo

Le ricostruzioni avvenute nei giorni scorsi delimitano i limiti temporali dello scontro. In una riunione del 21 febbraio, visibile anche su Youtube, Lando Maria Sileoni ha lanciato accuse durissime nei confronti di Alfio Filosomi, responsabile delle relazioni sindacali di Intesa Sanpaolo, che non era presente all’incontro.

Sileoni ha definito Filosomi «un grillo parlante che in ogni ambito tenta di fare il presidente del Casl ombra», uno che «ad ogni occasione fa il professorino, censura, fa il primo della classe».

Il numero uno della Fabi ha aggiunto che i provvedimenti disciplinari del manager «sono politicamente e sindacalmente una ghigliottina per i lavoratori di Intesa» denunciando poi un «clima interno particolarmente difficile per le pressioni commerciali, per i provvedimenti disciplinari assurdi, per il fatto che tra settori non si parlano».

Nessuno ha fiatato

Nessuno dei presenti ha interrotto Sileoni né gli ha fatto notare che stava parlando di un assente e che quindi il manager di Intesa non poteva difendersi, evidenziando una sostanziale mancanza di spirito di corpo.

Che Messina giudica più che sufficiente per alzarsi dalla sedia dell’Abi.