Intesa Sanpaolo balla sempre più da sola fra le banche italiane. Carlo Messina, praticamente ogni volta possibile, segna la distanza fra Ca de' Sass e il resto del mondo creditizio, in particolare di Unicredit che, sotto la guida di Andrea Orcel, è tornata ad essere un avversario temibile.
Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista ed esperto economico di finewsticino.ch
Uno dei trucchi dell'oratoria per mettere in difficoltà il proprio avversario è sbagliarne volutamente il nome. Gli scontri fra banchieri, solitamente avvengono in maniera più felpata quindi basta non pronunciare il nome del proprio avversario quando si parla esplicitamente di lui.
Presentando al mondo Isybank, la nuova banca tutta digitale del gruppo sulla quale ha investito 650 milioni di euro, Carlo Messina ha spiegato che «quando vogliamo riusciamo meglio degli altri. Nella finanza, noi siamo la bandiera italiana all’estero. Le altre banche sono più piccole e chi ha dimensioni simili alle nostre non è italiano. Perché ha radici in Austria, Germania o Est Europa».
Ogni riferimento a Unicredit era assolutamente voluto. Messina non ha perso l'occasione di segnalare la distanza rispetto alle molte banche che dovrebbero essere coinvolte nella prossima ondata di consolidamento, cui Intesa non può prendere parte per sopravvenute limitazioni antitrust. «La leadership europea – ha spiegato – si mantiene con la tecnologia, non acquisendo banche. Peraltro, l’altra miglior banca italiana, Ubi, l’abbiamo già comprata».
Asse con i sindacati
Ad aumentare ulteriormente la distanza ha poi contribuito l'apertura ai sindacati sul rinnovo del contratto dopo l'uscita dall'Abi, l'associazione della banche italiane che ora si trova in chiara difficoltà negoziale. Messina ha teso la mano ai sindacati e ha detto sì all’aumento di 435 euro in busta paga per i lavoratori del settore consapevole che il suo sì abbia un peso relativo considerevole visto che i dipendenti degli istituti di credito sono circa 264mila e di questi un terzo lavorano in Intesa Sanpaolo.
Come se non bastasse Messina ha messo spalle al muro tutti i colleghi che si sono beati e vantati dei risultati in rialzo raggiunti. «Con un utile netto di 7 miliardi di euro, non ho coraggio a guardare in faccia le persone e dire che mi metto a negoziare su questo aspetto», ha detto il Ceo. «Il tipo di stipendio che viene percepito dalla gran parte delle persone in banca richiede di fare interventi in un momento come questo. In una fase in cui c’è un incremento della redditività significativa, non è in nessun modo accettabile non concedere aumenti consistenti ai lavoratori in banca. Io mi ritrovo con le richieste fatte dai sindacati».
La poltrona di Patuelli
Rispolverando gli studi classici verrebbe da chiedersi . «Cui prodest?» Sulle motivazioni che possono avere indotto il manager a questo attacco al sistema ci sono diverse chiavi di lettura. La prima è che sia un modo per motivare la propria gente. Soprattutto nell'Asset e Wealth Management la banca sta attuando una politica aggressiva per aumentare la base della clientela oltre che il numero degli addetti del settore.
C'è chio fa notare come alla base di questa strategia vi possa essere anche una lettura eminentemente politica. Messina ha più volte mostrato segni di insofferenza verso la gestione dell'Abi del presidente Antonio Patuelli e non è un mistero che in occasione del prossimo rinnovo delle cariche punti a una forte discontinuità.
Così come è capitato con altre associazioni, non è escluso che Messina voglia mettere un suo uomo all'Abi nella prossima tornata di elezioni. Un suo coinvolgimento personale, come fece Giuseppe Mussari quando era presidente del Monte dei Paschi di Siena, non è nemmeno da prendere in considerazione.
Target in WM
In ultimo, alcuni osservatori pensano che una strategia comunicativa di potenza sia messa in atto quando si sta perseguendo una strategia aziendale di potenza. Assodato che Intesa nopn possa più crescere nel settore bancario in Italia le strade rimangono due. Può effettuare delle operazioni nel comparto del Risparmio Gestito.
La preda più interessante sul mercato è Banca Generali. Molto cara e Molto ambita. Infine, ma non certo meno importante, c'è la pista che porta a Trieste. Messina si è già bruciato vedendo sfumare il suo attacco alle Generali per una fuga di notizie.
Questa volta potrebbe tentare un approccio più soft passando da Mediobanca, che ha in pancia il 13% del capitale del Leone. L'acquisto della società guidata da Alberto Nagel avrebbe un numero limitato di sovrapposizioni e porterebbe benefici anche nella raccolta dei soggetti Hnwi, dove Mediobanca vanta un deciso expertise.