Philipp Vorndran di Flossbach von Storch, parla dell'immagine distorta della sua Germania.

A noi tedeschi piace vantarci di essere una potenza economica e della forza innovativa che ci caratterizza. Il Made in Germany è considerato un marchio di qualità molto rinomato. Sosteniamo ancora di essere «campioni del mondo dell'export», nonostante abbiamo smesso da tempo di esserlo.

Ci piace vivere nel passato. Cerchiamo di preservare con la forza ciò che non può essere preservato se si rimane fermi. Come nella Coppa del Mondo: la Germania, un gigante illusorio.

So-tutto-io

Negli ultimi anni, l'immagine incrollabile di forza economica che noi tedeschi abbiamo di noi stessi ha dato origine a quello che mi sembra un difficile atteggiamento da «so-tutto-io», che va oltre la sfera puramente economica. Questo atteggiamento non solo è fastidioso per i nostri vicini e partner, ma può anche essere controproducente. Sia per la Germania che per l'Europa nel suo complesso.

Prendiamo l'esempio «classico» della transizione energetica realizzata in Germania. Angela Merkel, l'ex cancelliera tedesca, l'ha approvata nella notte come reazione al terremoto e allo tsunami che nel 2011 hanno devastato le coste del Giappone e di altri Paesi, e distrutto la centrale nucleare di Fukushima.

Transizione energetica: un piano troppo ambizioso

All'epoca, a Berlino si decise subito che la Germania doveva abbandonare questo maledetto nucleare e anche i combustibili fossili. E il più rapidamente possibile! Volevano evitare che uno tsunami nel Mare del Nord spazzasse via le centrali elettriche della pianura della Germania settentrionale...

Il problema di questo piano non era necessariamente il piano stesso, ma l’ignoranza con cui è stato attuato. Prendiamo l'orizzonte temporale: ci vorrebbe almeno una generazione prima che un sito industriale come la Germania possa essere alimentato prevalentemente da energie rinnovabili. Probabilmente ci vorrà ancora più tempo.

È stato inoltre un grave errore portare avanti il piano senza consultare i partner internazionali, in particolare i vicini, e senza sondare una possibile cooperazione. Lo slogan era: «Guardate, noi sappiamo più di voi; pensiamo alle generazioni future, al contrario di voi». Puntare il dito sembra essere diventato un riflesso tedesco nel corso degli anni.

Putin: si sarebbe dovuto esitare

Poiché il piano energetico era troppo ambizioso, la Germania ha dovuto dipendere dal gas come «tecnologia di transizione» e quindi da Vladimir Putin. Anche se il predecessore di Angela Merkel, Gerhard Schröder, ha descritto il suo amico di San Pietroburgo come un impeccabile democratico, le sue motivazioni e la sua visione del mondo avrebbero dovuto essere messe in dubbio perlomeno dall'annessione della Crimea nel 2014. Invece, i legami di «cooperazione energetica» tra Germania e Russia si sono intensificati sempre di più.

L'attacco della Russia all'Ucraina a febbraio è stato, ed è ancora, un problema importante per la politica tedesca. Non a caso si è discusso animatamente sulla portata delle sanzioni contro la Russia e sulle armi da consegnare all'Ucraina. La Germania è preoccupata, tra l'altro, per le sue relazioni commerciali con Mosca. La mancanza di un accordo costa tempo, tempo che l'Europa non ha.

Interessi europei

Al contrario, noi europei dobbiamo essere uniti se vogliamo lavorare per porre fine a questa terribile guerra. E dobbiamo essere uniti se non vogliamo essere schiacciati in futuro dagli effetti delle dinamiche competitive tra Stati Uniti e Cina.

Se vogliamo essere percepiti nel mondo come partner affidabili ma altrettanto sicuri di sé, sia politicamente che economicamente. Se vogliamo che i nostri figli e nipoti crescano in pace e prosperità. La Germania deve rappresentare gli interessi europei, senza pretendere di saperne sempre di più degli altri.


Philipp Vorndran è uno stratega dei mercati dei capitali presso Flossbach von Storch, a Colonia e Zurigo.