Secondo uno studio realizzato da Fabi Analisi&Ricerche gli istituti di credito chiuderanno l’anno con utili complessivi in forte aumento rispetto al 2022.

L’aumento dei tassi di interesse dai parte della Bce sta sostenendo i risultati del settore bancario a livelli record. Gli utili degli istituti di credito italiani potrebbero raggiungere e superare i 40 miliardi di euro nel 2023, con un incremento del 70% rispetto allo scorso anno.

E’ quanto si apprende da uno studio realizzato da Fabi Analisi & Ricerche dal quale si rileva che i risultati raggiunti nei primi tre trimestri dell’anno, confrontati con quelli dei 12 mesi precedenti, consentono di stimare, in proiezione, che i profitti del settore bancario del nostro Paese si attesteranno, complessivamente, attorno a 43 miliardi e 431 milioni.

Un anno d’oro per i profitti delle banche italiane

Un risultato che sarebbe superiore di ben 17,2 miliardi rispetto ai 25,4 miliardi di utili del 2022 e quasi il triplo se confrontati con il quinquennio precedente. Il 2023, dunque, sarà ricordato come un anno d’oro per i profitti delle banche italiane.

«Le nostre previsioni» spiega il segretario della Fabi Lando Sileoni «confermano che il settore sta attraversando una fase straordinaria: questi risultati legittimano le nostre richieste economiche per il nuovo contratto nazionale, a cominciare dall’aumento medio mensile di 435 euro. La trattativa sembra essersi avviata su un percorso positivo».

Crescita grazie a Boe

A favorire la crescita dei profitti, spiega lo studio, sono senza dubbio le decisioni della Banca centrale europea. Se negli ultimi anni il contesto dei tassi di interesse non aveva sostenuto i numeri delle banche, specie in riferimento all’attività tradizionale, infatti, lo stesso non può dirsi per l’anno ancora in corso e, in parte, per il 2022.

Gli effetti prodotti sul conto economico delle principali banche italiane sono stati strabilianti e significativi e la stagione dei conti trimestrali lo dimostra nei fatti. A soli tre mesi dalla fine del 2023, le banche sembrano essere già ben equipaggiate per affrontare la fase finale di chiusura dei conti ed utilizzare la leva del margine di interesse come «cuscinetto» per il possibile rallentamento dell’economia atteso per il 2024.

Primi cinque gruppi

Nei primi nove mesi del 2023, i primi cinque gruppi in Italia hanno totalizzato, quasi 16 miliardi di euro di utili, in crescita del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma gli effetti indotti dalla politica della Banca centrale europea sulla redditività del margine di interesse, non solo hanno riacceso l’interesse nel fare banca – digitale o non – ma fanno più che sperare bene per quando i bilanci si chiuderanno.

Va detto, inoltre, che con 15,7 miliardi di profitti, i primi cinque gruppi, nei primi nove mesi di quest’anno, hanno eguagliato il dato dell’intero sistema del 2019 e superato quello del 2018 (15,1 miliardi).

Patrimonio e liquidità elevati

I conti trimestrali dei primi gruppi bancari hanno inoltre evidenziato liquidità e patrimonializzazione in deciso miglioramento. Quanto alla solidità patrimoniale, tutte le banche del campione hanno indicatori ben superiori ai requisiti minimi stabiliti dalle autorità di vigilanza. I livelli di copertura dei rischi con il capitale proprio, nei primi 9 mesi del 2023, confermano l’azione di rafforzamento dei mezzi patrimoniali già avviata dalle banche nel corso degli anni.

I requisiti del capitale primario vanno da un minimo del 14% a un massimo del 17%. Segnali altrettanto positivi arrivano per il profilo di liquidità del settore, con requisiti di copertura che in media si attestano intorno al 128%, a fronte del minimo regolamentare del 100%.

Un netto miglioramento della qualità del credito

I conti dei primi nove medi del 2023 evidenziano anche un netto miglioramento della qualità del credito per tutto il settore che si è tradotto, per i primi cinque gruppi, in minori accantonamenti sui rischi e minori svalutazioni.

L’aumento di utili e redditività, frutto anche di una attenta gestione sul fronte delle spese, si riflette anche sul versante del cost/income: il risultato medio per i primi cinque gruppi è pari al 46% (si va dal 39% al 49,5%): questo parametro, che indica l’efficienza di una banca, non è mai stato così contenuto e solo cinque anni fa, nel 2018, si attestava al 62% medio.