Penso che la questione di come «riconvertire» la nuova UBS sia centrale. Se la Svizzera non fosse più in grado di salvare la sua banca più grande, potremmo ritrovarci in una situazione simile a quella dell'Islanda durante la sua crisi bancaria.

Non voglio dipingere uno scenario dai toni cupi, perché UBS è sostanzialmente più stabile oggi di quanto non fosse nel 2008, grazie anche al ridimensionamento dell’investment banking e a una gestione altamente professionale del rischio e della compliance. In questo senso, il rischio di una nuova crisi con l'attuale modello di business sembra essere molto basso.

Tuttavia, le precedenti crisi bancarie hanno dimostrato che raramente il pericolo proviene da dove ce lo si sarebbe aspettato. Individuare tempestivamente nuovi e significativi pericoli è una sorta di «freestyle» della gestione del rischio.

La corsa agli sportelli è stata la rovina del Credit Suisse. Da questo punto di vista, anche il private banking non è così privo di rischi, no?

Sono stati i clienti privati facoltosi, gli investitori istituzionali e i gestori patrimoniali esterni a ritirare molto rapidamente i propri fondi dal Credit Suisse. Una corsa agli sportelli potrebbe mettere in ginocchio anche l'UBS.

Sta dicendo che il mantenimento del Credit Suisse Svizzera potrebbe arginare questo problema in caso di emergenza?

Come minimo UBS e la Svizzera stessa avrebbero un certo margine di manovra in caso di crisi. Un altro aspetto ancora poco discusso è la questione dell'IT.

Perché questo sarebbe importante?

I grandi sistemi IT bancari non possono essere semplicemente spenti o trasferiti.

«La cosa più sicura sarebbe probabilmente lasciare che le tecnologie informatiche di UBS e Credit Suisse lavorino affiancate»

Sono sistemi paragonabili a reti neuronali con numerosi livelli. La modifica di un solo elemento può portare a conseguenze impreviste.

Non è un caso che le grandi banche gestiscano i loro sistemi in tre versioni, oltre a quella di backup: una versione operativa, una in fase di sviluppo e una in fase di test.

Un passaggio dal grande sistema unificato IT di Credit Suisse a quello di UBS sarebbe impossibile?

Un'operazione di questa portata non è mai stata realizzata prima. Il trasferimento di centinaia di migliaia di clienti richiederebbe soluzioni tecniche specifiche – inoltre ci troveremmo in un territorio inesplorato e incredibilmente complesso, perché un core system bancario di queste dimensioni non può nemmeno essere descritto. Il settore retail svizzero, in particolare, è altamente automatizzato.

Può essere quasi più costoso integrare un singolo cliente che farne a meno. In caso si decidesse per il trasferimento, i rischi e i costi sarebbero enormi. Sarei molto sorpreso se UBS riuscisse a farlo nei prossimi quattro anni.

Quale potrebbe essere un’alternativa?

L’opzione più sicura sarebbe probabilmente quella di lasciare che le strutture IT di Credit Suisse e di UBS possano lavorare affiancate. Vorrebbe dire costi molto più elevati, e anche mantenimento di posti di lavoro, ma ciò farebbe sorgere immediatamente una questione relativa all’efficienza. Gli azionisti di UBS non lo permetteranno.

Tutti attendono con ansia la fine di agosto, quando verrà presa la decisione sul futuro di CS Svizzera. L'integrazione completa in UBS è considerata lo scenario più probabile. Ma quali sono i rischi?

Come ho già detto, anche solo per ragioni legate alla gestione IT, ritengo che un'integrazione che preveda lo spegnimento del sistema informatico del Credit Suisse e la registrazione di tutti i clienti presso UBS, sia estremamente rischiosa e costosa.

Allo stesso tempo, l'unica ragione a favore dell'integrazione è l'aumento dell'efficienza con la prospettiva di maggiori profitti. Ma in Svizzera manca un sistema per l’eventuale gestione di una bad bank.

«Non vorrei essere nei suoi panni in quel momento»

A mio parere, UBS, che è già stata salvata una volta dallo Stato, dovrebbe pensarci due volte prima di mettere lo shareholders’ value al di sopra di ogni altra cosa nella gestione della vicenda Credit Suisse Switzerland. La persona che deve assumersi la responsabilità di questa integrazione si trova di fronte a una questione incredibilmente complessa.

È il CEO di UBS Sergio Ermotti a dover prendere queste decisioni.

Corretto. E qualunque sia la decisione sua e del suo team, che si tratti di un trasferimento dei sistemi o di un'operazione parallela, le conseguenze non potranno essere valutate se non in diversi anni a venire. Non vorrei essere nei suoi panni in quel momento.


Sandro Schmid è partner e membro del comitato esecutivo della società di consulenza LPA di Zurigo. È considerato un esperto nell'uso di tecnologie all’avanguardia come l'intelligenza artificiale e nella gestione del rischio, in quest’ultimo caso anche come membro del consiglio di amministrazione della Swiss Risk Association. Nella sua vasta e diversificata carriera, Schmid ha trascorso circa 15 anni presso il Credit Suisse e la sua allora filiale di private banking Clariden Leu.