La presidente del Consiglio ha ribadito che lo stato italiano abbandonerà i presidi non necessari e attacca la società automobilistica cui hai chiesto di portare la produzione auto in Italia a 1 milione di veicoli. Al via cessione quota Poste.

Dell'inviato Giuseppe Failla, pubblicista italiano di finewsticino.ch

Le privatizzazioni non spaventano Giorgia Meloni che anzi vuole un’accelerazione nel percorso di dismissione delle partecipazioni non interessanti o utili. Il primo dossier a essere affrontato è quello delle Poste.

La società è controllata al 29,6% dal Tesoro e al 35% da Cassa depositi e prestiti. Il Governo, vendendo il 13%, continuerebbe a mantenere il controllo del 51%.

Partecipazione nel Monte dei Paschi di Siena

Al momento l’idea, caldeggiata a più riprese dal Ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina di mettere mano al patrimonio immobiliare creando dei fondi in cui fare confluire gli immobili non strumentali non sembra avere fatto breccia nel cuore della Premier.

Dopo Poste quasi certamente sarà il turno della partecipazione residua nel Monte dei Paschi di Siena (Mps) che ammonta al 39,23% ed è vincolata a un lock-up che scade alla metà del mese prossimo.

Un bel segnale per gli italiani

«Abbiamo avviato le privatizzazioni con la vendita di quote di Mps. Dopo l'annuncio della procedura di vendita del 20% di azioni rivolta ai grandi investitori in poche ore è stata ricevuta una domanda di oltre 5 volte superiore all'ammontare iniziale, e l’offerta è stata rivista dal 20 al 25%. Questo dimostra l'interesse per il sistema Italia» ha spiegato Giorgia Meloni sottolineando che «è un bel segnale per gli italiani, che dopo anni che hanno visto uscire miliardi che andavano a Mps hanno visto rientrare una parte di quelle risorse».

Il Governo punta alla cessione del Monte anche per poter giocare la carta del risanamento di quella che fu la banca dei comunisti nella prossima campagna elettorale per le elezioni Europee.

20 miliardi in tre anni

Meloni ha ribadito che il Governo punta ad incassare 20 miliardi di euro in tre anni dalle dismissioni.

«E' un obiettivo ambizioso ma alla nostra portata», ha aggiunto. «Concordo pienamente sul fatto che le privatizzazioni non debbano avere come unico scopo quello di fare cassa per ridurre il debito, ma debbano essere considerate uno strumento di politica industriale, un fattore di sviluppo dell'economia italiana. Vogliamo fare un approfondimento strategico che porti alla razionalizzazione delle partecipazioni dello Stato secondo un approccio semplice: ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria e affermare la presenza dello Stato dove è necessaria, come negli asset strategici».

Non sia una storia di successi

La premier è perfettamente consapevole che la storia delle privatizzazioni italiane non sia una storia di successi e non vuole ripetere gli errori fatti in passato. «Non si tratta – ha aggiunto – di dismettere o peggio ancora di svendere.

L'impostazione di questo Governo è lontana anni luce da quanto purtroppo è accaduto in passato, quando con privatizzazioni si chiamavano regali miliardari fatti a qualche imprenditore fortunato e ben inserito. Quelle non sono privatizzazioni e non hanno niente a che fare con il libero mercato».

Stellantis vendita mascherata

Nel corso del question time la Premier ha attaccato duramente Stellantis accusandola di non fare gli interessi italiani. Meloni ha ricordato «lo spostamento della sede fiscale e legale fuori dai confini nazionali, all'operazione di presunta fusione tra Fca e il gruppo francese Psa che celava l'acquisizione francese dello storico gruppo italiano, tanto che oggi nel Cda di Stellantis siede un rappresentante del Governo francese, e non è un caso se le scelte industriali del gruppo tengono in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane.

Il risultato è che in Francia si produce più che in Italia, siamo passati da oltre un milione di auto prodotte nel 2017 a meno di 700.000 nel 2022 e secondo i sindacati dal 2021 qui sono andati persi oltre 7.000 posti di lavoro».

Difendere l’interesse nazionale

Meloni non ha perdonato il rifiuto di John Elkann, presidente di Stellantis, di proporre un riequilibrio dei pesi con l’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale e nel Cda di Stellantis e vuole anche tutelare il Made in Italy. «Se si vuole vendere un'auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come un gioiello italiano allora quell'auto deve essere prodotta in Italia».

Il Governo, ha aggiunto, vuole «come sempre difendere l’interesse nazionale, instaurare un rapporto equilibrato con Stellantis».